A proposito del “caso di scabbia” a Paternò

95047.it Ho seguito, incuriosito, il riscontro sanitario di scabbia in un asilo di Paternò. La mia inizialmente era curiosità professionale, medica, divenuta dopo curiosità sociale (curtigghiu). Anche perché io casi di scabbia ne vedo a decine durante gli sbarchi degli immigrati.
Ho letto che le famiglie, fortunatamente alcune, saputo del caso di scabbia, hanno protestato animatamente al punto da dover intervenire le forze dell’ordine. La famiglia è stata additata come untore e allontanata, genitori presi dal panico della malattia e tam tam mediatico per dare risonanza all’evento.

Si è praticamente manifestato in pieno l’egoismo sociale che tutti noi abbiamo, ma che teniamo latente. Ad ogni minimo accenno di pericolo questa forma di individualismo viene fuori, spesso, anzi sempre, dettato dall’ignoranza.
La scabbia è una patologia contagiosa curabile, è endemica in tutto il mondo e colpisce persone di tutti i livelli socioeconomici, senza distinzione di età o sesso. Non provoca complicanze pericolose, ma non guarisce spontaneamente. 
Volendo considerare ci sono complicanze molto più gravi in alcune malattie, spesso da noi definite innocue, quali raffreddore o influenza o ascessi dentali che possono evolvere in meningiti, encefaliti, miocarditi, pericarditi, nefriti ecc, che non nella scabbia. 

Eppure ha suscitato paure e preoccupazioni enormi nei genitori, spesso impreparati ad affrontare i problemi sanitari dei figli; è frequente che un genitore vada al pronto soccorso perché il bambino ha 37.2 °C di temperatura.
Viviamo in una società che ci vuole tutti belli, tutti sani e in forma, teniamo lontani gli ammalati e i diversamente abili “elemosinando loro momenti di generosità controllata”. Non siamo maturi per accettare il prossimo, specie se malato, manifestando una incontrollata omofobia quando ci sentiamo minacciati.
Abbiamo poche speranze di cambiare, perché abbiamo oramai pochi valori che ci possono guidare.