“Cani avvelenati, servono misure preventive, di gestione e repressive”

95047.it Affido a 95047.it alcune mie riflessioni sui recenti episodi di avvelenamento di cani randagi avvenuti in città.
Episodi riprovevoli e certamente indicativi del fatto che qualcosa, o forse tante cose, non vanno per il verso giusto.
L’impressione è che qualcosa non vada dal punto di vista tecnico nella gestione del fenomeno randagismo ma anche che qualche problema di troppo sussista anche dal punto di vista sociale.
Fiumi di parole sprecate sull’argomento, e forse anche queste mie lo saranno, ma persino le pietre sono a conoscenza del fatto che le leggi sulla materia individuano quali principali attori delle azioni di contrasto al fenomeno di cui tratto il Comune e la ASP che, coadiuvate dalle associazioni animaliste, devono mettere in atto misure preventive, di gestione e repressive. E così esistono le posizioni di chi “deve” e quelle di chi , invece, “può” liberamente e solo se lo vuole.

Scambiare le posizioni non giova (se non a chi scarica il fardello sulle spalle di altri) e non porta a quei risultati auspicabili che alla fine devono ricondursi ad un unico effetto positivo che è quello della riduzione, in un determinato intervallo di tempo, della popolazione canina vagante precedentemente censita. Se questo effetto non è ottenuto ci troviamo difronte ad un sistema che gira a vuoto come il motore di un’automobile con la frizione bruciata.
Per anni, per esempio, è passato il messaggio che la sterilizzazione di tanti animali rappresentasse l’obbiettivo da raggiungere trascurando (per convenienza?) il fatto che essa in realtà deve rappresentare un mezzo: sterilizzare 1000 cani e rimetterli in libertà sul territorio (come se fossero animali selvatici a cui ridonare la libertà e non animali domestici a cui cercare una casa) non riduce il numero di animali vaganti. Anzi li espone al rischio di maltrattamento da parte dei cittadini e consegna esclusivamente alla coscienza di ogni singolo la loro sicurezza.
Certamente tra i 50.000 abitanti che la città conta deve pur esserci qualcuno che problemi di coscienza non se ne fa e risolve i problemi o elimina i fastidi a modo suo.
E ancora, un numero così elevato di soggetti liberi nelle strade può limitare la libertà di chi ha paura degli animali, di chi vuole portare a passeggio il proprio cagnolino, di chi manda i bambini a piedi nella scuola vicina, generando così sentimenti di insofferenza anche in chi prima provava indifferenza.

Nel 2017 considerare secondari i problemi legati alla convivenza uomo/animale è anacronistico.
I fatti delle ultime settimane, per come si sono susseguiti, evidenziano la spavalderia di chi, pur commettendo reati penali, si sente sicuro di rimanere impunito; segnale gravissimo.
In questo groviglio di incapacità, inadempienze, intolleranze, insofferenze e incompetenze, di inciviltà e di violenta brutalità ma anche di buone volontà e di tanta frustrazione rimangono intrappolati solo loro: i cani.
E pagano un debito nostro con la loro vita.

2 Comments

  1. Concordo su gran parte del contenuto dell’articolo, ma credo fermamente che non sia pensabile, nè eticamente corretto, rinchiudere tutti i cani vaganti per proteggerli. Una vita trascorsa in gabbia non è vita. Il randagismo si riduce con le sterilizzazioni, ma anche con gli opportuni controlli sull’iscrizione all’anagrafe, con la repressione degli abbandoni e in ultimo, ma non meno importante, con la divulgazione di corrette informazioni. Un’adozione fatta consapevolmente quasi mai sfocia nell’abbandono o nella rinuncia al possesso dell’animale. Al contrario, il cane adottato con leggerezza, come giocattolo per i bambini, come strumento per la guardia o per la caccia, come orpello da mostrare agli amici perchè il cane di quella razza “fa figo”, nella quasi totalità dei casi finisce abbandonato nell’arco del primo anno di vita. E qui concordo sul fatto che ognuno degli attori dovrebbe svolgere il proprio compito con coscienza e conoscenza. I volontari non possono e non devono sostituirsi agli Enti preposti, ma è pur vero che molti svolgono un lavoro che nessun altro – veterinario, vigile urbano, funzionario comunale – riuscirebbe a fare. Ed è altrettanto vero che le reimmissioni sul territorio, fortemente volute da alcune associazioni o liberi volontari, garantiscono il sacrosanto diritto dei randagi a vivere liberi sul territorio, diritto che oltretutto è sancito dalla nostra legge regionale. Sarebbe utile fare un po’ di divulgazione, spiegando alla gente che i cani liberi quasi mai sono pericolosi, e sarebbe certamente opportuno un inasprimento delle pene per il maltrattamento e l’uccisione di animali.

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