CATANIA: CONFISCA DEL PATRIMONIO A CIANCIO, AVREBBE AIUTATO COSA NOSTRA DAGLI ANNI ’70 AL 2013- I DETTAGLI

Il 20 settembre 2018, la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura Distrettuale di Catania, ha depositato un decreto di confisca previo sequestro del compendio patrimoniale di Mario Ciancio Sanfilippo.

Il Giudice – il primo ad avere valutato nel merito gli elementi acquisiti nel corso delle indagini – ha ritenuto la pericolosità sociale qualificata da Ciancio per la sussistenza a suo carico di gravi indizi del rilevante contributo fornito dallo stesso al raggiungimento delle finalità perseguite dalla famiglia catanese di Cosa Nostra dagli anni Settanta dello scorso secolo sino al 2013 e ha disposto la confisca di tutto il patrimonio da questi acquisito nel periodo in cui è stata accertata tale pericolosità sociale.

Si tratta di depositi di conti correnti, anche in banche site in Svizzera, di polizze assicurative, di trentuno società interamente posseduto dal proposto, di quote di partecipazione detenute in sette società e di beni immobili, il cui valore, secondo un prudente apprezzamento, è non inferiore a 150 milioni di euro. Tra le società sequestrate e confiscate vi è anche il gruppo editoriale del quotidiano La Sicilia e di alcune emittenti locali. Il procedimento di prevenzione era stato avviato il 19 gennaio 2015 con richiesta della Procura Distrettuale e si è celebrato fino al gennaio 2018, a porte chiuse, per una precisa scelta di Ciancio.

In tale non breve periodo, l’Autorità giudiziaria ha sottoposto all’attenzione del Collegio gli elementi che dimostravano la pericolosità sociale qualificata del Ciancio e l’anomalo sviluppo del suo patrimonio; elementi acquisiti nel corso delle indagini, eseguite con la consueta professionalità, dal Ros – Sezione Anticrimine di Catania, nonché gli esiti della consulenza patrimoniale accuratamente elaborata dalla nota società Pwc (Price Waterhouse Coopers) e il patrimonio conoscitivo dei collaboratori di giustizia. La difesa, a sua volta, ha depositato documentazione e ha interloquito nel corso della redazione della consulenza tecnica della Pwc avvalendosi del proprio consulente di parte.

I profili di pericolosità sociale evidenziati dal Pubblico Ministero a carico di Ciancio attengono in particolare ai rapporti sinallagmatici intrattenuti da Ciancio con gli esponenti di vertice della famiglia catanese di Cosa Nostra sin da quando la stessa era diretta da Giuseppe Calderone, rapporti poi proseguiti e anzi ulteriormente intensificati con l’avvento al potere di Benedetto Santapaola alla fine degli anni Settanta del secolo scorso e al ruolo di canale di comunicazione svolto dallo stesso Ciancio per consentire ai vertici della predetta famiglia mafiosa di venire a contatto con esponenti anche autorevoli delle istituzioni; alla linea editoriale imposta dal Ciancio alla testata giornalistica che vanta il maggior numero di lettori nella Sicilia Orientale, linea editoriale improntata alla finalità di mantenere nell’ombra i rapporti tra la famiglia mafiosa e le imprese direttamente o per interposta persona controllate dalla medesima; di non porre all’attenzione dell’opinione pubblica gli esponenti mafiosi non ancora pubblicamente coinvolti dalle indagini giudiziarie e soprattutto l’ampia rete di connivenze e collusioni sulle quali questo sodalizio mafioso poteva contare per mantenere la propria influenza nella provincia catanese; all’impiego di grandi quantità di capitali di provenienza mafiosa investiti nelle iniziative economiche, anche di natura speculativa immobiliare, poste in essere nell’arco di numerosi decenni dal proposto.

I rapporti tra Ciancio e cosa nostra sono emersi nelle seguenti specifiche vicende imprenditoriali in epoca recente.

Parco commerciale Porte di Catania (realizzato): in tale vicenda Ciancio è coinvolto poiché socio, unitamente a Giovanni Vizzini (la cui figlia è coniugata con Vincenzo Rappa, che appartiene a una famiglia, alcuni dei cui membri sono stati condannati per fatti di cui all’articolo 416 bis) e Tommaso Mercadante (nipote di Tommaso Cannella e figlio di Giovanni Mercadante, entrambi condannati per fatti di cui all’art. 416 bis c.p.). La realizzazione dell’opera venne affidata all’imprenditore Basilotta, sebbene vi fosse l’intendimento di coinvolgere l’imprenditore Incarbone (Mariano Incarbone è imprenditore condannato con provvedimento definitivo quale partecipe alla famiglia Santapaola mentre l’imprenditore Vincenzo Basilotta è deceduto durante il processo d’appello a suo carico, che lo vedeva imputato per fatti di cui all’art. 416 bis c.p.). Peraltro, le intercettazioni eseguite nel contesto investigativo Iblis, confermano che l’affare era infiltrato da cosa nostra attraverso Basilotta il quale vi aveva lucrato 600.000 euro, consegnati a Raffaele Lombardo (già Presidente della Regione Siciliana e imputato per fatti di cui agli artt. 110 – 416 bis c.p.) che si era interessato al progetto cui partecipava Ciancio.

Parco Commerciale Sicily Outlet (realizzato): in tale vicenda Ciancio emerge sia quale proprietario dei terreni su cui è sorta l’opera sia quale socio nella Dittaino Development. Parte dei lavori, inoltre, sono stati eseguiti da Basilotta e Incarbone.

Progetto stella polare (non realizzato): si trattava di un progetto della Stella polare S.r.l. relativo all’area sud di Catania dove si intendeva creare un centro congressi, strutture per esposizione, acquari, parchi divertimenti, cinema, gallerie commerciali e altro. Ciancio, proprietario dei terreni, risulta aver avuto un ruolo attivo nella gestione della complessa vicenda imprenditoriale, avendo finanche seguito personalmente l’iter relativo al rilascio delle previste concessioni e fungendo, in tale ambito, da anello di congiunzione con la pubblica amministrazione in luogo dell’amministratore unico. Le intercettazioni in atti, inoltre, consentono di ritenere certo che il general contractor scelto era Mariano Incarbone.

Costruzione di un insediamento chiuso ad uso collettivo a favore della base di Sigonella (non realizzato):Ciancio, oltre a essere proprietario dei terreni sui quali doveva sorgere l’opera era anche socio della Xirumi S.r.l., società che avrebbe dovuto realizzarla. Le intercettazioni in atti consentono, inoltre, di ritenere che la realizzazione delle opere doveva essere affidata a Vincenzo Basilotta;

Costruzione del polo commerciale denominato Mito (non realizzato): l’insediamento commerciale doveva sorgere nel comune di Misterbianco su terreni di proprietà di Ciancio. L’iniziativa vedeva coinvolti tanto Ciancio quanto altre persone risultate essere in rapporti con cosa nostra palermitana e messinese;

Il Tribunale, letti i documenti e ascoltate le argomentazioni del Pubblico Ministero e della difesa, ha ritenuto che Ciancio, sin dall’avvio della sua attività, primi anni ’70, e fino al 2013 abbia agito, imprenditorialmente, nell’interesse proprio e nell’interesse di Cosa Nostra e che in ragione di ciò il suo patrimonio si sia implementato illecitamente, giovandosi anche di finanziamenti occulti e che anche il sodalizio mafioso si sia rafforzato grazie ai fortunati investimenti realizzati per il tramite del Ciancio.

L’età avanzata e il tempo risalente degli ultimi accertamenti (2013) hanno indotto il Tribunale a escludere l’attualità della pericolosità sociale, ma tale conclusione, per disposto di legge, non consente al soggetto ritenuto pericoloso di continuare a detenere il patrimonio acquisito in ragione delle illecite cointeressenze, sicché il Tribunale ne ha disposto la confisca. Il provvedimento è stato eseguito ieri a cura dei Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Catania.