Il mercoledì dell’urbanistica

95047.it Ormai da anni, si contrappongono due idee ben precise. Quelli che ritengono sia inutile pianificare le trasformazioni della città e quelli che insistono nel dire che è assolutamente necessario elaborare, presto e bene un programma integrato e globale di azioni politiche per rigenerare questo territorio.
Ci siamo tornati tante volte – anche in questa sede – e oggi più che mai, rischiamo di parlarci ancora addosso senza concludere nulla e soprattutto imponendo ai lettori un tecnicismo incomprensibile.
I primi – a mio modesto avviso – hanno descritto in questi ultimi anni il PRG come un mostro inutile, dispendioso e di lunga elaborazione, tra l’altro equivocando alcune espressioni derivanti dal mondo accademico dell’urbanistica che – giustamente giudicano la normativa obsoleta ma ciò non toglie che sia ancora in vigore e pertanto da elaborare.
Le implicazioni per il cittadino, non sono immediatamente visibili e per questo motivo i detrattori hanno gioco facile, lasciando però il campo alla più totale discrezionalità – luogo privilegiato per affari e furberie.
Devo dire che un’altra questione è il rapporto tra ciò che si predica nelle piazze e quello che si esercita nelle segrete stanze. Dal 1995 ad oggi ho assistito a molti incontri e sono stato testimone di innumerevoli dichiarazione d’amore verso la città antica – e tutti a parlare di recupero del centro storico; verso il verde agricolo – e tutti a parlare di consumo zero dei suoli; e verso l’uso della perequazione urbana – e tutti a pavoneggiarsi con formule intrigate e incomprensibili per giustificare l’ennesima speculazione edilizia.
Invece si usa la decadenza del PRG – che deve restare tale – per introdurre “progettini” ad hoc per quello e per quell’altro. Non voglio tediavi con tecnicismi incomprensibili, ma basti pensare che tra il TAR e le varianti formato “francobollo” – stiamo compromettendo per sempre le aree strategiche della città con interventi di dubbia efficacia.
Tra l’altro spostando le attenzioni dalle vere questioni che interessano il bene collettivo che sono la realizzazione o completamento della rete della mobilità pubblica, il recupero degli spazi collettivi per generare luoghi di socialità (piazze, spazi per la cultura cc.), la questione della sicurezza rispetto alla vulnerabilità sismica – pensiamo per esempio ad alcune aree residenziali compromesse come il quartiere Montecenere e gli edifici sensibili come scuole e ospedale.

Il tema del commercio è interessante e come in altre realtà – se governato – può essere volano per realizzare gli obiettivi di cui sopra, a patto che il governo delle azioni, sia appunto pianificato dal soggetto pubblico e non imposto da questo e da quello, che gioca facile con l’esca dell’occupazione. La politica sembra aver perso la regia delle trasformazioni urbane a tutto vantaggio degli “immobiliaristi” interni alle lobby di potere.
Certo, molte di queste questioni sono presentate come necessarie, indispensabili ma l’esempio dell’ampliamento della via Vittorio Emanuele è eclatante. Non è il soggetto pubblico che decide la dimensione della strada (tra l’altro questa può essere di 16,50 metri o 23, 50 metri in considerazione della tipologia del codice della strada) ma l’imprenditore che decide la quantità che può cedere, quasi fosse una cortesia o un’elemosina alla città. Forse bisognerebbe spiegare a quest’ultimo che se si realizza una sede stradale congrua lui ha tutto il vantaggio sul piano dell’accessibilità commerciale. (rimane il sospetto che i conti non quadravano e per questo si è dovuto fare il gioco delle tre carte, poi qualcuno ci spigherà la differenza tra verde attrezzato funzionale e verde (aiuole) adiacente le sede stradale come è ben definito dal comma c) dell’art. 3 del DM 1444/68, scusate per la citazione normativa).
Ma lasciamo il caso specifico perché possiamo essere accusati di stalking e non vogliamo ne risse da bar ne fare salire il sangue alla testa a nessuno.

Il governo del territorio oggi necessita di una visione più articolata e multidisciplinare che guardi sia la città coltivata che quella costruita (campagna e città) intesa come unico paesaggio. La necessità, di operare scelte efficaci, anche in considerazione delle esigue risorse finanziarie, impone quindi una “revisione” del rapporto tra programmazione e realizzazione includendo nel “processo” tutti gli strumenti disponibili, seguendone la “sostanza”, costruendo alleanze tra pubblico e privato e rendendo centrale la dimensione urbana del progetto d’architettura per il bene collettivo che non esclude il bene imprenditoriale.

Per questo individuo 5 possibili strategie da sviluppare in precisi ambiti, per definire una nuova visione urbana:
– [ri-generare] la città consolidata, (centro storico, vuoti urbani, interstizi, spazi collettivi).
– [ri-connettere] il bordo urbano (le frange, la città frammentata, i residui, le periferie, le aree abusive).
– [ri-qualificare]. le reti e le polarità strategiche, (l’asi, la mobilità, l’area artigianale, l’acropoli, gli impianti sportivi)
– [ri-costruire] il paesaggio agricolo e naturale (il fiume, le masserie, i terrazzamenti, l’energia e l’agricoltura)
– [ri-avviare] i progetti di sviluppo (le opere pubbliche, delle società di trasformazione urbanistica, del project finance, dei concorsi d’idee, dei bandi europei, del recupero delle materie seconde, del il riciclo e del recupero delle risorse energetiche, dell’acqua e delle fonti, dei rifiuti)
Forse sarebbe utile creare un tavolo permanente tra politici, imprenditori, intellettuali, attori della trasformazione per scrivere un’agenda che definisca: metodi, obiettivi, strumenti e attori dello sviluppo della città e del suo territorio.
Perché è necessario definire strategie, che determinano progetti per ricavarne le regole del gioco.
Questa è la città che vogliamo.

Non è questa la sede per ulteriori approfondimenti ma le scelte del Commissario Regionale ad Acta ci lasciano perplessi. Dal 2008 ad oggi abbiamo assistito al teatrino degli istituendi ufficio del piano, che avrebbero dovuto sviluppare il piano, assorbendo tra l’altro risorse pubbliche dal bilancio senza aver prodotto nulla di rilevante. Il commissario ad Acta, incaricato – invece di dare una svolta ha confermato questa prassi, affossando di fatto ogni speranza, nel silenzio più totale della politica e della classe tecnica/imprenditoriale. Forse conviene a molti avvalersi delle pieghe normative, delle sentenze del TAR, mentre della rigenerazione e dello sviluppo di questa terra, non interessa proprio nessuno. Mi auguro che in questo senso i candidati a Sindaco possano dare un contributo metodologico e programmatico al dibattito, per non parlare più di buoni e cattivi, ma di contenuti e di visioni della città del futuro, oltre il mercoledì (giorno individuato per dedicarsi al PRG) dell’urbanistica a cui sembriamo destinati dalla delibera del Commissario Regionale ad Acta, che ha sostituito la Giunta e il Sindaco per l’inadempienza relativamente all’obbligo di redigere il PRG.

2 Comments

  1. Premesso che non intendo ne candidarmi ne ricandidarmi ma mi chiedo, è la sua unica riflessione sull’argomento? Sembra la storia del dito e la luna. Ho scritto per esprimere un pensiero, magari non condivisibile e mi aspetto un ragionamento sul merito e non sull’autore che confermo non è stato mai candidato e credo che ci sono molte persone autorevoli e competenti per farlo. 🙂

  2. Non è che si avvicinano le elezioni e Lei pensa di [ri] candidarsi vero?

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