La legge libera tutti, l’amaro gioco dello Stato sulla pelle dei cittadini

95047.it I due che erano stati presi in flagranza a piazza Purgatorio, sono finiti subito liberi. Altri due su tre, arrestati il giorno prima, liberi anch’essi. La domanda ricorrente per tutta la giornata di ieri è stata: “Chi i pigghiunu a fari?”. Già che li catturano a fare? Paternò è nel caos. E la legge, contemplata e studiata a Roma nel corso dei decenni da deputati e senatori (e che fa acqua da tutte le parti) ne amplifica le ferite e il disordine. Le forze dell’ordine hanno, anch’esse, le mani legate. Ma anche questa è la scoperta dell’acqua calda. Le pene esemplari da noi sono un’utopia. Sembra quasi di essere in presenza di un indulto permanente. Almenochè, ovvio, tu non sia un povero cristo.

A Paternò, ci sono quelli che delinquono e basta. E ci sono quelli che non rispettano le regole “perché si deve pur campare”. A volte le due categorie s’incontrano. C’è chi si vede costretto a portare il pane a casa piazzando per strada la propria “lapa” senza alcuna licenza e chi, invece, decide di assalire una farmacia. E, si badi: non si tratta della stessa cosa. Se nel primo caso qualche domanda viene automatico porsela, nel secondo c’è solo da invocare una repressione senza attenuanti. Non stiamo a discutere dei mafiosi e dei loro amici dai colletti bianchi. I mafiosi, però, non si occupano solo di pizzo e di racket, controllano il territorio attraverso gli abusivi, i lavavetri, i posteggiatori. E’ un meccanismo complesso. Per questo il filosofeggiare superficiale e improvvisato sentito di continuo in questi giorni su quest’argomento è inutile e ingrassa il petto di questi quattro scassapagghiari con i quali la città si ritrova ad avere a che fare.

In una città terribilmente complicata come Paternò, fatte le dovute distinzioni tra chi delinque perché criminale e chi si sottrae alla legge perché impotente (magari vittima egli stesso della mafia che si pone come uno Stato alternativo allo Stato, spesso assente nell’assicurare i diritti fondamentali) non basta solo la repressione. Occorre anche un’azione che stimoli il lavoro e lo sviluppo. Ancora “la scoperta dell’acqua calda”, verrà detto. Ma, una domanda: sviluppo e lavoro sono mai stati davvero all’ordine del giorno dei potenti? Ovvero, di chi amministra e governa? E poi: quanto tempo serve ad un ufficio comunale per rilasciare ad un commerciante (come nel caso della spaccata di via Vittorio Emanuele) l’autorizzazione a poter sistemare dei paletti dissuasori per evitare di vedersi distruggere ancora la vetrata? In ultimo: è auspicabile che i commercianti possano essere in parte risarciti dal Comune creando un fondo a loro tutela?