LETTERA APERTA DA PARTE DEGLI OPERATORI DELL’EX CALL CENTER QÈ

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:

Questa mattina alcuni degli ex dipendenti aventi gli stessi diritti e requisiti dei 75 ex colleghi rientrati e reintegrati da Giugno scorso da Netith, hanno inviato una lettera riportata di seguito:

“È accaduto tutto all’improvviso. Il grande cancello che ogni giorno varcavamo, giunti a lavoro, era ormai irrimediabilmente chiuso davanti a noi, sbarrato per sempre. Solo un mazzo di fiori,
tristemente appeso al cancello, simboleggiava il nostro dolore: immagine di coloro a cui era stata conferita la morte sociale, calpestata ogni dignità ed infine gettati in un tristissimo stato di
deiezione. All’interno nessun segno di vita. Delusi, arrabbiati e truffati, erano questi i sentimenti che caoticamente si agitavano dentro i nostri animi. Così finiva in tragedia, e senza risposta alcuna, quella che per lunghi anni era stata l’azienda leader più invidiata nell’ambito delle telecomunicazioni. Da lì l’inizio della battaglia, quella degli ex lavoratori del call-center QÈ, combattuta con sacrificio: dalle manifestazioni in piazza, sino all’occupazione di Palazzo Alessi, dove il freddo era l’unico a tenerci svegli, attraverso un percorso condotto con grande spirito di abnegazione e che ci ha sempre visti pronti ad affrontare tutto e tutti perché quel lavoro, sottrattoci vergognosamente, era nostro e nessuno ce l’avrebbe portato via. Il tempo passa e grazie all’impegno, alla determinazione ed alla professionalità dei fratelli Franz e Salvo Di Bella si vede il sorgere di una nuova alba chiamata Netith”.

Lieto fine, si legge, ma non è proprio così…“Dopo essere stati convocati a colloquio – continua la lettera – abbiamo invano atteso:non giungeva nessuna notizia, nessuna chiamata e dal momento che abbiamo appreso che non ci sarebbe stato posto per noi dentro l’azienda abbiamo visto vanificarsi tutti i nostri sforzi ed i nostri sacrifici. SIAMO RIMASTI SENZA LAVORO, SENZA RISPOSTE. ESCLUSI secondo criteri che, ad oggi, non ci è dato sapere. Mille domande sorgono spontanee. Ci hanno giudicato non idonei? Qualcuno della vecchia amministrazione QÈ avrà dato cattive indicazioni alla nuova azienda sul nostro profilo professionale e umano ai nuovi dirigenti Netith per poi essere “SCARTATI”? Per quale motivo su di noi è calata una cortina di silenzio? Eppure la “VERTENZA”, voluta e condotta da tutte le parti in causa, l’abbiamo condivisa, sofferta e portata avanti anche noi. Pensavamo, credevamo o, sarebbe meglio dire, ci auspicavamo che una soluzione adeguata e dignitosa fosse trovata per tutti. Invece no. Un nutrito gruppo di lavoratori non solo è rimasto nel pieno dramma ma, beffa delle beffe, ha sorprendentemente, nonché tristemente, dovuto prendere atto di lunghi articoli giornalistici redatti con toni trionfalistici, a cui hanno fatto seguito festeggiamenti in pompa magna; il tutto teso a lasciar intendere come alla fine le cose fossero andate per il meglio. Tutto ciò significa raccontare una mezza verità, ergo, distorcere i fatti. Perché si è taciuto del dramma che continuava per altre venti o trenta persone? Un dato gravissimo ma minimizzato, che non ha avuto la giusta esaltazione, a cui forse sono state dedicate, per mera facciata, un paio di righe in coda a qualche articolo, quasi a volerlo nascondere, a passarlo sotto traccia. Cui prodest (A chi giova) ci chiediamo? Sottolineiamo che la vittoria è tale e giustifica i toni trionfalistici di cui sopra, solo quando a tutti venga ridata la dignità sottratta indebitamente. Fosse anche uno solo che rimanga fuori da tale elargizione che gli spetta per diritto, risulta assolutamente fuori luogo trattare il caso in oggetto attraverso i noti toni trionfalistici dei media locali. Uno solo che perisca negli intrighi dell’agone politico e nei gineprai di interessi di varia natura e provenienze che hanno costellato la parabola discendente della vecchia azienda Qé, costituisce non una vittoria, tantomeno plenaria, ma una sconfitta ed una vergogna per averlo taciuto o ammesso solo attraverso frasi smozzicate ed a bassa voce.

L’incubo continua ancora per alcuni degli ex dipendenti del QÈ i quali, nonostante la battaglia condotta e nonostante il tempo trascorso, si ritrovano tuttora da soli e senza l’aiuto dei
sindacati a questo punto letteralmente scomparsi.

“Chiediamo adesso ai SINDACATI – si conclude la lettera – che abbiamo sostenuto economicamente con i nostri ex stipendi- risposte su come e perché una parte dei lavoratori, con famiglie e problemi economici derivanti dal mantenimento di queste, sia rimasta nell’ombra. Chiediamo una mano anche al nostro primo cittadino, NINO NASO, attento e sensibile alla vicenda e che ci ha supportato anche durante l’occupazione di Palazzo Alessi proprio un anno fa nello stesso periodo. Chiediamo ai MEDIA di conferire il giusto peso anche alla nostra vicenda, certi della loro preziosa collaborazione. Chiediamo, infine, all’azienda Netith di rivedere le nostre posizioni e di fare chiarezza su di una vicenda che certamente merita luce, precisando che una “vittoria” è tale solo quando a tutti viene ridata dignità lavorativa e la possibilità di poter mantenere se stessi e la propria famiglia”.

Firmato gli ex QÈ Francesco D’Antoni, Paola Mirone Campagnola, Valeria Mirone Campagnola, Antonio Giorgio Santangelo, Barbara Gricoli, Federica Elisabetta Zammataro, Concetta Chisari