Lo sgombero della baraccopoli di Ciappe Bianche: viaggio nella povertà (alla ricerca di umanità)

95047.it Storie reali, di una realtà che è cosi vicina eppure sembra inspiegabilmente invisibile agli occhi di tanti cittadini paternesi, e non. Realtà, in cui si intrecciano vite di uomini, giovani, padri, figli lontani dai loro affetti per tentare di sopravvivere in una terra lontana da quella natia. Stiamo parlando della maggior parte dei circa quaranta extra comunitari che giorni fa sono stati sgomberati dalle baracche di contrada Ciappe Bianche.
Oggi si trovano – momentaneamente – all’interno del plesso Falconieri, almeno per ripararsi dalle avverse condizioni meteo di questi giorni. Una struttura, quella di Falconieri, da tempo vandalizzata, sino alla sua completa chiusura e abbandono. Un “viaggio” tra gli sfollati di contrada Ciappe Bianche tra la loro estrema precarietà, tra le loro storie di caporalato e sfruttamento: costretti a lavorare sotto la pioggia e al gelo nelle campagne della Piana di Catania per 15 o 20 euro.

I loro volti commossi quando pensano alle loro famiglie come quello di Mohamed, marocchino di 21 anni che con un italiano stentato ci dice: “Il giorno che hanno distrutto la mia tenda ero a lavoro, quando sono tornato non ho trovato più nulla” e poi prosegue: “Dormivo li dentro con un amico, la mattina solitamente mi vengono a prendere presto verso le 5.30 con un furgoncino e mi portano nelle campagne per lavorare”. E alla nostra domanda: “Chi ti aiuta adesso e come ti trovi in questa struttura?”, risponde: “Ci stanno aiutando dei cittadini che ci portano da mangiare e delle coperte, andiamo a lavoro al mattino ma passiamo anche le giornate a giocare a palla e pensiamo pure a pulire questi luoghi perché sono sporchi e per dormire dobbiamo prima pensare a renderli puliti” e conclude “la mia famiglia è tutta in Marocco, io ho il permesso di soggiorno, non so come sarà il mio futuro ma con questo lavoro instabile non riesco a vedere un futuro”.

Mohamed non ha torto, quando entriamo lì dentro infatti gran parte degli “alloggiati temporanei” sono a lavoro con palette e scope in mano e stanno facendo ciò che FORSE qualcuno avrebbe dovuto fare all’interno di quella struttura da anni, ma questa è un’altra storia.
Poi ci sono anche coloro i quali quotidianamente non si risparmiano e che si spendono per assistere queste persone, prima fra tutti l’Anpas con il presidente Salvo Pappalardo: “Nei giorni precedenti allo sgombero ci siamo attivati per procurare pasti caldi e coperte da portare loro poiché sono stati giorni particolarmente freddi. Abbiamo cercato e stiamo cercando di fare il possibile, ma noi svolgiamo questi servizi per tutti i cittadini che si trovano in difficoltà mettendoci sempre il cuore”
Ma poi c’ è anche un’altra parte della città e sono i liberi cittadini, quelli che senza avere necessariamente far parte di un’associazione si spendono perchè pensano che sia eticamente corretto aiutare chi ha bisogno come Rosario Di Benedetto che quotidianamente si reca presso l’istituto e afferma: “Mi piacerebbe una collaborazione più ampia da parte di tutta la città perché questo è un disagio in cui si dovrebbe porre anche soluzione politica ma immediatamente una soluzione sociale”.

Questo è il racconto di una Paternò che a volte sembra invisibile. “Capaci di comprensione e di perdono, di accoglienza e di sorriso, disponibili all’ascolto e all’attesa, all’indulgenza e all’incoraggiamento, pronti a scommetere e a ricominciare, a parlare linguaggi della povertà e a non scandalizzarsi per le miserie altrui, a capire le lentezze e ad accelerare i segni della speranza. Esperti in umanità! Uomini fino in fondo, anzi fino in cima! perchè essere uomini fino in cima, senza fermarsi a mezzacosta, significa non solo essere santi come Lui, ma capire che il calvario è l’ultima tappa di ogni scalata e che la croce non è la sconfitta dell’uomo, ma la vetta gloriosa di ogni carriera!”
A Don Tonino Bello lasciamo la conclusione, che sia il suo insegnamento ad illuminare gli animi di chi è bravo solo a parlare ed inquietare le coscienze di chi pensa solo a criticare.