Mafia, quell’incontro di Natale tenutosi proprio a Paternò

95047.it Nell’informativa del Ros spunta pure quell’incontro che si è tenuto a Paternò all’antivigilia di Natale: il 23 dicembre dell’anno scorso. Giusto quattro mesi fa. Un incontro, di più, un summit nel corso del quale la famiglia Santapaola assieme agli esponenti del clan bardo decideva sulla spartizione delle estorsioni. Quasi un vertice di un consiglio d’amministrazione di una banca illegale che otteneva soldi (tanti soldi, una barca di soldi) in maniera illegale. 
I fermi dell’indagine Kronos scattata nelle scorse ore, scaturiscono da una inchiesta recentissima: le ultime intercettazioni si riferiscono addirittura allo scorso 10 aprile. E sebbene si parli di affari illeciti che hanno luogo sull’asse Caltagirone-Siracusa pescano a pieno anche in ambienti paternesi. Una vicenda che deve ancora ben definire i propri contorni ma che non lascia scampo ad interpretazioni. 
Nella rete dei provvedimenti cautelari sono finiti, come raccontavamo ieri, anche due paternesi: Francesco Amantea e Giuseppe Mirenna. Quest’ultimo, almeno stando ai riscontri resi dagli inquirenti, avrebbe avuto il ruolo di essere il referente dei Santapaola “nel campo delle messe a posto” (ovvero delle estorsioni) sul territorio catanese.

Ma c’è di più. E quel di più è costituito dalle parole del generale Giuseppe Governale, comandante dei carabinieri del Ros e che fanno riferimento anche all’ormai arci-famoso “inchino” di Paternò: “Cosa nostra è contraria a ‘inchini’ e ‘omaggi’ ai boss, perché attraggono l’attenzione dei media, mentre la criminalità organizzata in Sicilia vuole rimanere sotto traccia”. In una intercettazione ascoltata dai militari dell’Arma un boss contesta i recenti inchini finiti sui media a Paternò e San Michele di Ganzaria davanti le abitazioni dei due presunti capimafia locali. “Non abbiamo bisogno di tutta questa visibilità e della società civile che si muove – dice il capomafia – insomma non vogliamo ‘pennacchi’. Meno si parla di noi e meglio è”. A detta del generale Governale questa è una tecnica appositamente adottata da Cosa nostra: “Dietro una calma apparente – ha spiegato ai microfoni – si può nascondere meglio una forte dinamicità criminale”.