Quei panni stesi alle Salinelle che devono farci arrossire di vergogna

95047.it Sembra quasi una punizione divina. Una croce irta di chiodi che la città deve trascinarsi per forza. La zona delle Salinelle non ci riesce proprio a trovare pace. A diventare un luogo normale. C’è quella bruttura del Lentodromo (altro che velodromo) che dall’alto della sua decadenza ha sovrastato per anni cumuli e cumuli di fetida spazzatura con la complicità diretta di zozzoni che umiliavano quell’area senza alcun ritegno; ci sono quei massi in pietra lavica messi là per emergenza ma che fanno sembrare Paternò una Beirut degli anni ottanta. Tutto brutto. Decadente.

Cartolina: la notte scorsa (come tante altre notti) alle Salinelle
Cartolina: la notte scorsa (come tante altre notti) alle Salinelle

E, poi, ci sono loro. I panni dei rom stesi e appesi proprio sulla recinzione che delimita il perimetro dei vulcanetti delle Salinelle. Forse già da questa mattina non ci sono più, ma in questo caso non temete: torneranno ad essere appesi ben presto. E’ storia nota. Un pomeriggio sì e uno no, quando va bene, i camper (di un certo lusso, tra l’altro) dei nomadi vanno a stazionare proprio accanto all’area delle Salinelle trasformando quel sito in un enorme stendibiancheria: è accaduto fino a ieri pomeriggio. E accadrà di nuovo, è chiaro. A fare da contorno anche un certo numero di bottiglie di birra lasciate sopra il muretto, a ricordo. E se passi con la macchina lì davanti, vieni pure guardato in malo modo. I nomadi hanno la loro cultura di camminanti, giusto: ma non si può permettere di utilizzare a quel modo quel patrimonio naturalistico. E’ i-n-c-o-c-e-p-i-b-i-l-e.

Eppure è così che va. Altro che turismo. Sono decenni che si fa a gara a spararla più grossa su questo argomento dove non fanno alcuna differenza le posizioni di chi governa o di chi fa il barricadiero di professione: quello che conta è l’enfasi, la sterile retorica con la quale si affronta la questione “turismo e valorizzazione della nostra città”. Ci si gonfia talmente il petto che qualcuno ci crede davvero: l’importante è fare presa sulla gente.
Ma che, per contro (la gente, appunto), non crede più a niente. Non crede più a quella schiera di politicanti bi-partisan che vanno in giro col fucilino della demagogia e che si oppongono a qualunque tipo di cambiamento nella pratica pur invocando la rivoluzione in teoria. Tirando fuori i soliti argomenti di sempre: dalle Salinelle alla Collina storica. Anche lì, sulla Collina, a proposito di estetica, non si può far finta di voltarsi dall’altra parte. Il lavoro (così come qualsiasi foglio d’autorizzazione da richiedere) è sacro. Ma vedere giorno e notte una palafitta con le ruote stazionare davanti al Castello normanno, un pò di sensazione la fa. Alla luce, soprattutto, delle sanzioni amministrative alle quali va incontro il poverocristo – che sia centro o periferia – sfora di pochi centimetri l’occupazione del suolo pubblico con la propria attività commerciale.

E’ la perfetta antologia della sconfitta. Dove il bello diventa un fastidio e dove il brutto resta brutto: nonostante il goffo tentativo di ritocco col photoshop della politica.