Il treno della felicità: modelli e strategie sostenibili per la Valle del Simeto

95047.it Premessa
Le analisi, condotte per costruire un nuovo modello di sviluppo – in questo territorio – non possono prescindere da alcune considerazioni preliminari. La prima afferisce alla crisi del comparto agricolo – sollecitato e stressato, da un mercato apatico, competitivo e globale – che necessita di innovazione, creatività, qualità e consociativismo per potersi rigenerarsi. Non possiamo non ricordare il degrado delle strutture e infrastrutture della mobilità a servizio della produzione; in un momento storico in cui internet è il più importante e veloce strumento per il mercato glolocal. E non meno importante, la mancanza di una vera e propria formazione professionale di qualità, nel comparto agricolo e nell’indotto, verso forme più innovative e internazionali, attente a incubare i produttori, usando gli strumenti offerti dalla comunità europea.
I modelli che si vanno configurando sono settoriali ed estemporanei, afferiscono a recinti culturali e sindacali e subiscono le patologiche influenze di una storica visione feudale che la politica ha spesso incentivato.
L’attuale dibattito, sul rapporto tra attori della produzione (i contadini) e gli attori del governo (la politica) in riferimento alla valle del Simeto, è in una fase delicata e oscilla tra visioni utopiche e improvvisati pragmatismi di parte e spesso in entrambi i casi mancanti di visione di sistema.

La partecipazione democratica
Ormai appare consolidato, il necessario contributo che possa dare l’esercizio della partecipazione alla definizione di modelli e strategie di sviluppo a partire dai bisogni veri – in un percorso di incubazione delle idee – che gli “specialisti” possono e devono condurre insieme agli attori del sistema (contadini e politici). Tutto ciò non può comunque prescindere dal confronto tra le idee e non può lasciare spazio a forme di pseudo partecipazione che nasconde nuove formule feudali (di tipo culturale).

Le vocazioni territoriali
L’ambito geografico dentro il quale si formano i modelli di sviluppo è permeabile a innumerevoli sollecitazioni tematiche, connesse e complesse. Spesso di competenza pubblica: acqua, finanziamenti, sicurezza, energia e mobilità. Quest’ultima è tra le tante, una delle più strategiche per rendere competitivo il territorio; in riferimento al costo di produzione, all’accessibilità delle merci e allo stoccaggio delle stesse. Negli anni ’50 si intuì la necessità di creare una dorsale ferroviaria, che da Catania penetrava la valle del Simeto fino a Regalbuto. Le pressioni verso il sistema gommato degli anni successivi e alcune incongruenze geomorfologiche (superabili), insieme ad una modificata visione del mercato (che oggi è messa in discussione da visioni olistiche e di sostenibilità) hanno provocato un lento e inesorabile abbandono del sistema ferroviario (usato tra l’altro fino a pochi anni fa) e creato vuoti ideologici che vengono occupati da “ecologismi” localistici.
Le proposte di riconversione del tratto ferroviario in pista ciclabile a discapito della sua rigenerazione strategica come sistema di mobilità territoriale delle aree interne, appare priva di logica motivazione. Chi ha dimestichezza con la cultura del ciclismo evidenzia tra l’altro che escludendo il ciclismo su strada dilettantistico, la mountain bike su sentieri naturali e quello indoor, rimane il ciclismo delle famiglie che ha bisogno di piste urbane, con brevi percorsi e aree protette, illuminate e sicure.

Le ecologie sistemiche
Appare evidente che alcune certezze sui modelli proposti dai “partiti della partecipazione”, possono essere messe in discussione dall’approccio olistico reale. Continuo a parlare di ecologia di sistema e non localistica. L’abbassamento del CO2 non può prescindere da una visione integrata e la valorizzazione della ferrovia (dismessa e altro) può essere una strategia vincente. Il tentativo di depotenziare il dibattito appare contradditorio rispetto alla logica dell’inclusione che si pubblicizza. La città metropolitana dovrebbe assumere insieme alle comunità coinvolte il ruolo di governo di questo processo. Le esperienze del workshop Simeto Landscape (a cura della Fondazione degli Architetti di Catania e Officina 21) hanno individuato nuovi modelli e nuove strategie più coerenti alle vocazioni del territorio e alle esigenze della collettività. Mi pare difficile credere che i produttori e i contadini (intervistati) vogliano la pista ciclabile al posto di “strumenti” utili per essere più competitivi sul mercato. Mi pare difficile che diano priorità alla pista ciclabile invece che a rigenerare il sistema distributivo elettrico e alla messa in sicurezza della viabilità stradale (piena di buche e frane). Mi pare difficile che la gente della valle (quella vera e non quella con le “Camper” ai piedi) voglia altro, se non “concretezza e certezza”.

I paesaggi strategici
La visione glolocal è ormai la chiave di lettura per prefigurare scelte strategiche opportune. Sicurezza, socialità, sostenibilità, sviluppo, smart sono i temi che dobbiamo affrontare per realizzare una città (coltivata e costruita) felice. Mi auguro che si possa creare un clima di confronto sulle questioni vere e non un festival delle certezze blindate. Lancio l’idea di un workshop sulla mobilità che sia aperto, equo e che possa accogliere più idee e non più simpatizzanti con pari dignità.

10 Comments

  1. Apprezzo il tentativo dell’Arch. Finocchiaro di avviare un dibattito ricco di contenuti, sulla Valle del Simeto, grande patrimonio culturale ed economico del nostro territorio. Come tante volte accade però, in questa città, invece di entrare nel merito delle idee e/o progetti, scatta la polemica sterile, fine a se stessa e a volte offensiva di chi ha il coraggio di mettere in campo progetti, condivisibili o no. Io sono un Agronomo e anche discendente della comunità dei pescatori dei quartieri Itria-Falconieri di Paternò, pochi, pertanto, conoscono quel territorio e quel fiume( dove ho imparato a nuotare) come me. Negli anni novanta, quando quella ferrovia fu dichiarata “ramo secco” dalle FS, come tante altre in Sicilia, solo in pochi eravamo a metterci di traverso a quei binari per protestare, consapevoli dell’importanza che avevano avuto e che possono avere quei binari per lo sviluppo della nostra economia. Dove erano quelli che da più di un decennio fanno studi e analisi su quel territorio, senza mai arrivare ad almeno dei progetti pilota da realizzare subito per non lasciare quei luoghi e quelle bellissime strutture al degrado e abbandono, e dove erano gli pseudo-ambientalisti che ora sono tra i fautori delle piste ciclabili che devono sostituire la ferrovia? Ci siamo chiesti tutti perché i veri imprenditori non partecipano più alle continue chiacchiere su quella valle? Partiamo, allora, attivando un dibattito serio, anche caldo, per realizzare subito i primi progetti, tra cui anche le piste ciclabili, che per realizzarle non si deve “aspettare” il degrado di opere fatte con sacrificio da persone che avevano a cuore lo sviluppo eco-compatibile del territorio. Non esiste il pensiero unico, solo chi è a corto di idee e ricco di “interessi” può credere che sia la strada giusta. Stanno per partire i finanziamenti del PSR Sicilia, iniziamo da quelli…..!

  2. Personalmente ritengo che sia dovere di tutti i cittadini di ogni professione e condizione sociale, prendere posizione riguardo ai problemi che riguardano tutta la città. L’architetto Finocchiaro ha espresso un suo pensiero e ha spiegato un po ‘ da dove nasce e perché sia arrivato a tali conclusioni. Infine ha concluso con una palese apertura verso coloro che volessero dare un proprio contributo. Le idee di Finocchiaro possono anche non essere condivise ma, sommessamente, dalla lettura dei commenti che precedono il mio, si ha la chiara rappresentazione di un paese pluriviolentato ove ormai regna solo il caos. Molta tristezza. ..

  3. Per Giulio Doria, io esprimo una visione. Punto. Mi sono confrontato con diversi attori del processo e ho dedotto una strategia. Punto. Se vuole posso puntualizzare ogni sua osservazione ma non mi sembra questa la sede. Mi sarei aspettato una riflessione che non si fondasse sul principio: che siccome è abbandonata non serve più, nemmeno lo dicono gli agricoltori. Comunque in attesa di un confronto “vero” (purtroppo ho partecipato ad alcuni incontri dove a fine giornata ho solo ricevuto le scuse di chi mi ha invitato per il trattamento subito, chissà….) Ora vi prego, esprimete se potete ,un ragionamento che possa essere convincente. (ps… io porto solo CAMPER, credo di essere abbastaza ironico… )

  4. Che dire… Più che una diversa visione della questione forse in questo caso è più probabile che venga attribuito un diverso significato al termine “logico”… forse ho capito male?…Mi sembre che sono state le tue parole… (certo, molto raffinate, io sono più diretto)

    Non mi sembra che nel mio scritto si offendessero colleghi … per il resto lascio scorrere… (ormai queste vostre reazioni sembrano uno sport) si vede che non ci sono altre argomentazioni se non quelle personali…. (poi per le riviste è meglio esserci che non esserci…)
    Buona Pasqua anche a te. Peccato per l’occasione perduta. Si vede che i tempi non sono maturi per un confronto.

  5. Carissimo Francesco, con animo traboccante di bontà e umiltà come solo nella Settimana Santa riesco ad essere, mi permetto di farti sommessamente notare che sei stato tu, in primis, a definire come “priva di logica motivazione” la proposta che è stata avanzata dal sottoscritto e da un gruppo di progettisti e cittadini (a tuo dire peraltro dediti all’autoreferenzialità) che si sono “innamorati delle proprie tesi di laurea fino a non vedere altro che loro stessi”.
    Io da parte mia continuo a considerare più che logica la proposta di riconvertire la vecchia ferrovia in greenway, a prescindere se questa ipotesi possa, o meno, venire sostenuta da tutte le ‘autorevolezze’ che, invece, appoggiano la tua tesi.
    Però, mi permetto di evidenziarti come questo tuo contributo alla questione non si dimostri per nulla come la modalità più opportuna per impostare un dialogo costruttivo. Poi per carità come hai fatto finora resti sempre libero di organizzarti i tuoi workshop, quelli si depurati di qualunque autoreferenzialità, o di innamorarti e di provare a fare innamorare i cittadini (quelli veri) dei tuoi progetti (anche di quelli che risultano completati solo nelle riviste), ma di sicuro non sei libero di denigrare tuoi colleghi.
    Buona Pasqua.

  6. Marco ti chiedo scusa, ma da “diversamente logico” comincio ad avere difficoltà di linguaggio sempre teso a farmi capire… ma come vedi si ritorna alle secolari tesi di laurea… chissà perchè poi non si vogliono confrontare con chi la pensa diversamente sul piano progettuale? in un terreno neutro…. solo alle loro riunioni e ben protetti…dai fan in CAMPER….

  7. Vorrei tranquillizzare l’amico Antonio Caruso sulle mie capacità logiche. Condivido l’impostazione metodologica proposta con autorevoli esponenti delle FFSS (ferrovie dello stato), con esperti in mobilità, con urbanisti, agronomi, economisti e uomini di sport. Ovviamente anche con contadini e esperti in piste ciclabili (anche se greenway suona meglio). Mi dispiace che alla fine le osservazioni si riducono solo alla valutazione sulla mia capaicità logica…. chissa forse è meglio guardare il dito che la luna. Comunque ho suggerito un workshop sulla mobilità con esperti e cittadini (quelli veri, cioè con i contadini della valle e non con quelli che indossano le CAMPER). Fino a quando il dibattito è interno a gruppi autoreferenziali non faremo altro che parlare della mia più o meno capacità logica. Ribadisco inoltre che o rigenerare la linea ferrata o trasformarla in pista ciclabile stiamo parlando di costi che devono essere rapportati ai benefici e al ritorno di economie… in caso contrario stiamo parlando di “fritture”. Vediamo se anche questa volta non sono logico…. poi spieghiamo alle famiglie se è meglio arrivare con il treno o con la macchina alle stazioni. Concludo che invece di continuare a fare resistenza a ogni sollecitazione, forse se tutti insieme facessimo pressione per creare una pista ciclabile che collega la città di Paternò con il distretto dei mulini, della stazione San Marco e del ponte di Pietra lunga…. forse facciamo qualcosa di utile, concreto e sostenible…. Grazei per avermi permesso di puntualizzare il mio pensiero (logico). Elementare Watson…. (dopo aver passato anni a sentirmi dire “teorico” ora anche “primo di logica o diversamente logico… 🙂 Buona domenica delle Palme (Antonio Caruso)….
    ps… io credo che il probema di fondo è che vi siete innamorati delle vostre tesi di laurea… fino a non vedere altro…. che voi stessi.

  8. Caro autore Francesco Finocchiaro. Bel articolo e veritiero. Ma non usare paroloni a molti che leggono incomprensibili.

  9. Ripristinare una ferrovia che ormai non esiste più (letteralmente perché depredata dai ladri di ferro) con l’idea di favorire il commercio dei prodotti agricoli, dovendo però rifare oltre che la linea anche ponti e gallerie per renderli conformi alle nuove modalità di trasporto su rotaia, appare all’autore dell’articolo come più “logico” rispetto ad una sua riconversione come greenway (semplicisticamente e polemicamente definita “pista ciclabile”). Che dire… Più che una diversa visione della questione forse in questo caso è più probabile che venga attribuito un diverso significato al termine “logico”…

    1. Il titolo dell’articolo mi ha fatto ripensare alla canzone “Azzurro” di Celentano, quando dice “ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va”. Leggendo si ha appunto la sensazione di andare indietro nel tempo auspicando un nostalgico ripristino della ferrovia. Certamente l’idea avrebbe avuto una sua forza se fosse arrivata prima che i binari fossero stati rubati, prima che caselli e le stazioni fossero stati depredati o venduti, prima che i privati si fossero impossessati del tracciato ferroviario trasformandolo in trazzere o in campi coltivati (a tal proposito suggerisco all’autore di infilarsi le sue amate CAMPER e farsi una passeggiata lungo il tracciato). Più che illogica la proposta sembra anacronostica, fuori dal nostro tempo, pedante e obsoleta. Nessuno propone visioni blindate perché non si vuole prendere una ferrovia e trasformarla in pista ciclabile, come si vorrebbe far credere in questo articolo. Si sta compiendo un grande tentativo di dialogo attorno a questo tema che coinvolge in primo luogo gli agricoltori ma anche i cittadini, le istituzioni, le autorità ferroviarie, un lavoro complesso che non ha bisogno di protagonismi e polemiche giornalettistiche ma di rispetto intellettuale. Ma dai commenti dell’autore deduco che siamo molto lontani da tutto ciò.

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