
Ieri, 19 marzo, la Chiesa ha celebrato San Giuseppe, patrono dei lavoratori, simbolo di dedizione e sacrificio. Ma ad Adrano, questa ricorrenza ha assunto un significato diverso: non di festa, ma di dolore e lutto. Nella Chiesa Madre, gremita di fedeli, le parole dell’arcivescovo Luigi Renna hanno risuonato con un’intensità particolare: «Quei calli sulle mani sono il distintivo della vostra dignità di onesti lavoratori».
Tre bare allineate, tre famiglie distrutte, un’intera comunità sconvolta. Rosario Lucchese, 18 anni, Salvatore Lanza, 54, e Salvatore Pellegriti, 56, hanno perso la vita lungo la Statale 194, una delle tante strade siciliane che i braccianti percorrono ogni giorno, spesso su mezzi inadeguati e in condizioni precarie. Il loro destino si è spezzato in un tragico incidente, avvenuto nel momento più comune della loro esistenza: il ritorno a casa dopo una giornata nei campi.
Non sono casi isolati. Ogni giorno, centinaia di uomini e donne attraversano le campagne siciliane per guadagnarsi da vivere. Viaggiano su strade dissestate, invisibili agli occhi di chi non condivide la loro stessa realtà. Troppo spesso, questi percorsi si trasformano in trappole mortali. Il pendolarismo agricolo è una realtà silenziosa, ma le sue conseguenze sono devastanti.
«Non ci sono distrazioni o colpe evidenti – ha proseguito Monsignor Renna – ma non possiamo limitarci a piangere. Dobbiamo pensare alla sicurezza di chi, ogni giorno, percorre queste strade. Non possiamo permettere che il ritorno a casa diventi una roulette russa».
La comunità di Adrano si è stretta attorno ai familiari delle vittime, in un dolore che non può essere confinato al momento del lutto. I colleghi di Rosario, Salvatore e Salvatore, con lo sguardo perso nel vuoto, sanno che potrebbe capitare a chiunque di loro.
«Quando vedremo il Cristo alla colonna percorrere le nostre strade – ha aggiunto l’Arcivescovo – penseremo a voi. Le stesse piaghe, lo stesso dolore. Ma ci consola una speranza: risorgeremo e vi riabbracceremo».
Un messaggio di fede e, al tempo stesso, un monito. Il sacrificio di questi tre uomini non deve cadere nel silenzio. «Se la loro morte deve avere un senso – ha concluso Monsignor Renna – sia quello di un impegno collettivo. Sono loro i nostri veri eroi, in una società che esalta lavori che tali non sono. Alle loro famiglie, ai figli, a Ludovica, la compagna di Rosario, dico: siate orgogliosi di queste persone che sono morte con le mani pulite».
Parole che chiedono giustizia, non solo per le vittime, ma per tutti i lavoratori invisibili che ogni giorno affrontano lo stesso rischio. Adrano ieri ha pianto, ma domani deve agire.