ALUNNI CON SINTOMI COVID “SEQUESTRATI” DAI SANITARI, LA FALSA NOTIZIA CHE STA SPAVENTANDO I GENITORI

Da giorni sta circolando una notizia che sta seminando il panico tra i genitori, già enormemente provati dall’assenza dei servizi educativi e scolastici per i loro figli per interminabili mesi e dalle incertezze per settembre. Sembra che in caso di alunno con sintomi come febbre e difficoltà respiratorie, quest’ultimo dovrà essere tempestivamente messo in isolamento in una stanza Covid e poi trasportato in ospedale senza avere la possibilità di vedere i propri genitori.

La notizia, ovviamente, ha fatto il giro del web e, in particolare su Whatsapp. I genitori hanno dato vita anche a catene per contrastare questo provvedimento e non autorizzare il “sequestro” dei figli: “Il 14 settembre io non autorizzo nessun personale della scuola ad isolare i miei figli se dovesse presentare improvvisamente qualche linea di febbre. Nessun personale sanitario può prelevare mio figlio da scuola in mia assenza traumatizzandolo. Non firmerò nessun foglio di autorizzazione che prevede questo tipo di trattamento.
Fino alla maggiore età io genitore sono unico tutore dei miei figli… Modificate queste direttive o i figli c’è li teniamo a casa!”.
Ovviamente si tratta di una falsa notizia, come ha precisato SIC, Servizi per l’infanzia. Le disposizioni ministeriali ufficiali dispongono per tutte le scuole e servizi educativi di ogni ordine e grado quanto segue: “In caso di comparsa a scuola in un operatore o in uno studente di sintomi suggestivi di una diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, il CTS sottolinea che la persona interessata dovrà essere immediatamente isolata e dotata di mascherina chirurgica, e si dovrà provvedere al ritorno, quanto prima possibile, al proprio domicilio, per poi seguire il percorso già previsto dalla norma vigente per la gestione di qualsiasi caso sospetto. Per i casi confermati le azioni successive saranno definite dal Dipartimento di prevenzione territoriale competente, sia per le misure quarantenarie da adottare previste dalla norma, sia per la riammissione a scuola secondo l’iter procedurale altrettanto chiaramente normato. La presenza di un caso confermato necessiterà l’attivazione da parte della scuola di un monitoraggio attento da avviare in stretto raccordo con il Dipartimento di prevenzione locale al fine di identificare precocemente la comparsa di possibili altri casi che possano prefigurare l’insorgenza di un focolaio epidemico. In tale situazione, l’autorità sanitaria competente potrà valutare tutte le misure ritenute idonee. Questa misura è di primaria importanza per garantire una risposta rapida in caso di peggioramento della situazione con ricerca attiva di contatti che possano interessare l’ambito scolastico”.
Girando sul web si scopre che il responsabile di tutto è il presidente dell’istituto comprensivo di Lumezzane Pieve (BRE). Ecco quanto pubblicato sul sito della scuola il 6 agosto scorso e modificato soltanto il mercoledì 12, una settimana dopo. Al punto sette, nell’informativa sulla ripresa delle lezioni dopo la pausa estiva e il lockdown si legge:
In presenza di sintomatologia respiratoria o temperatura corporea superiore a 37.5°C durante l’orario scolastico, per gli alunni scatta una rigida procedura che prevede i seguenti passaggi: -l’alunno dovrà essere immediatamente dotato di mascherina chirurgica;
-sarà posto in isolamento in stanza Covid;
-il docente dovrà chiamare immediatamente il 112 o il 1500;
-i genitori non potranno prelevare in alcun modo il proprio figlio da scuola che sarà affidato all’autorità sanitaria.
Pertanto, alla luce del rigido protocollo, si invitano vivamente i genitori ad attuare scrupolosamente le raccomandazioni di cui al punto precedente.
Le polemiche scatenatesi sui social sono state tali e tante che il preside ha fatto marcia indietro, riscrivendo così l’informativa: «In caso di comparsa a scuola in un operatore o in uno studente di sintomi suggestivi di una diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, la persona interessata dovrà essere immediatamente isolata e dotata di mascherina chirurgica, e si dovrà provvedere al ritorno, quanto prima possibile, al proprio domicilio, per poi seguire il percorso già previsto dalla norma vigente per la gestione di qualsiasi caso sospetto».