I boss commentano l’inchino: “Noialtri nell’anonimato vogliamo stare, nascosti e senza pennacchi”

95047.it L’inchino della varetta dello scorso 2 dicembre dinanzi casa del boss Assinnata, non venne certo accolto con euforia da parte dei nuovi vertici della mafia catanese. Nella logica tacita delle cosche, del resto, è meglio non avere mai visibilità: meglio agire nell’ombra. Lontani dai riflettori dei media ma anche dall’attenzione delle Forze dell’Ordine. Un concetto che emerge anche dalle intercettazioni dell’operazione Kronos che un paio di settimane fa ha portato all’arresto di 28 persone ritenute affiliate ai clan dei Santapaola in riferimento alle famiglie di Catania, Caltagirone e dei Nardo di Lentini.

E quell’inchino di Paternò non è stato affatto gradito. I due “picciotti” Pappalardo e Di Benedetto commentano quanto accaduto in quella mattina di inizio dicembre: 
“Poi se dobbiamo fare come fanno loro a Paternò, che hanno tutti intercettazioni…“quello è il capo, quello è il capo, quello è il capo!” A quello (parola incomprensibile) la Santa che gli balla davanti la porta”.

Ed i commenti proseguono senza peli sulla lingua: “Ma andatela a sucare ddocu!”, “Ma se vi piace questo? A me non mi piacciono queste cose!, “Noialtri nell’anonimato vogliamo stare, nascosti e senza pennacchi!”.

Nel proseguo dell’intercettazione i due riassumono, poi, i nuovi assetti legati al clan Santapaola: nella cupola c’è anche una vecchia conoscenza paternese, Francesco Amantea che rappresenterebbe il figlio di Nitto Santapaola. Il nuovo boss di Catania è, invece, Francesco Santapaola figlio di Salvatore e cugino di Nitto: “A chi è questo figlio dello ZIO, questo ZIO? Ha, gli ha presentato… quello è il figlio di Turi COLLUCCIO (SANTAPAOLA Salvatore, inteso Turi COLLUCCIO, ndr) che il cugino proprio di Nitto (SANTAPAOLA Benedetto, inteso Nitto, ndr.) (incomprensibile per un secondo) … gli ha detto che lui rappresenta lo ZIO… DI BENEDETTO”, “Allo ZIO!”, “E Franco il figlio…”, “No!”, “Sì!
“Figlio, che era il figlio di Nitto?”, “No, per, per riconoscenza, non per…”.