C’ERA UNA VOLTA … IL CRATERE CENTRALE DELL’ETNA

Di Boris Behncke – ingvvulcani.wordpress.com

Quante volte i visitatori dell’Etna chiedono se è possibile vedere “il cratere”, intendendo il famoso Cratere Centrale, grande bocca sommitale del vulcano siciliano! Anche fra le guide del vulcano si parla spesso del Cratere Centrale, quando in realtà si fa riferimento a uno dei quattro crateri sommitali principali, quello denominato “Voragine”. La vecchia enorme bocca, appunto il Cratere Centrale, il cui cono troncato per secoli ha dominato il profilo dell’Etna, effettivamente non esiste più da mezzo secolo, da quando cioè è stato riempito dai prodotti delle sue eruzioni nella prima metà degli anni Sessanta.

Dall’analisi delle fonti storiche per molti secoli il cratere sommitale dell’Etna sarebbe sempre stato unico, anche se non sono mancate eruzioni – le cosiddette eruzioni “subterminali”, come quella del 1869 – originate da bocche eruttive a quote poco inferiori a quella del Cratere Centrale. Non si hanno evidenze che, almeno negli ultimi 500 anni e forse per vari millenni, sia esistito in area sommitale un complesso di coni e crateri come quello attuale. Le descrizioni fornite da chi scalava e raggiungeva la cima dell’Etna fanno sempre riferimento a un unico grande cratere, a volte con una sola bocca interna, a volte con due o tre. Questo cratere era caratterizzato da un’attività più o meno continua nei periodi fra un’eruzione di fianco e l’altra, e rari episodi parossistici con fontane e colate di lava, formazione di colonne di materiale piroclastico, come nel 1787, 1800, 1863, 1899, e nel 1910.

Alla fine dell’’800 e all’inizio del ‘900, il Cratere Centrale aveva un diametro di quasi mezzo chilometro e una profondità di alcune centinaia di metri (figure 1 e 2). Nella seconda decade del ‘900, una vivace e quasi continua attività intracraterica cominciò a riempire il cratere, formando un conetto di scorie alla base della sua parete nord-orientale. Dopo un periodo di subsidenza e il collasso della parte centrale del fondo craterico, nel 1939 iniziò un nuovo periodo di attività intracraterica. Esso portò all’ accrescimento di coni di scorie con emissione di colate di lava all’interno del Cratere Centrale (figura 3), culminando con due episodi parossistici nel 1940 e un terzo nel 1942, che riempirono quasi completamente la grande depressione craterica

Nell’ultimo ventennio della sua esistenza, il Cratere Centrale ha subito notevoli cambiamenti. Nell’ottobre 1945 si formò un cratere “a pozzo” nella parte nord-orientale della piattaforma lavica interna, battezzato “Voragine” (o “Voragine Grande”). Nel 1949 si aprì una frattura eruttiva orientata circa nord-sud, che dopo aver attraversato interamente la parte occidentale del Cratere Centrale, si propagò ulteriormente sui fianchi esterni meridionale e settentrionale del cono centrale

All’interno del Cratere Centrale altre eruzioni, con episodi parossistici, sono avvenute nel 1955 e 1956. Nel 1956 il parossismo ebbe luogo da bocche eruttive poste nella parte centro-meridionale del cratere dove si formò un cono piroclastico alto diverse decine di metri. Nel corso dell’eruzione del 1956, furono anche osservati per la prima volta trabocchi lavici dal Cratere Centrale, che si sono riversati verso nord, in direzione del Cratere di Nord-Est. Nell’estate del 1960 (17 e 20 luglio e poi il 5 agosto) fu nuovamente la Voragine a produrre episodi parossistici molto violenti. Nel maggio del 1961 una breve eruzione diede origine a nuovi trabocchi lavici dal Cratere Centrale in direzione nord ed ovest

Ma è stata l’eruzione del febbraio-luglio 1964 a sconvolgere l’area del Cratere Centrale tanto da farlo scomparire per sempre. Nel corso di questo evento sono state diverse le bocche eruttive in attività sia all’interno che all’esterno del Cratere Centrale. La prima fase dell’eruzione, dall’1 al 20 febbraio, era sostanzialmente limitata alla Voragine, dalla quale una colata di lava fu emessa in direzione del Cratere di Nord-Est, e a una frattura eruttiva apertasi sul fianco orientale del cono centrale. La seconda fase si protrasse dal 7 aprile fino al 5 luglio, con una lunga sequenza di brevi episodi parossistici e un episodio eruttivo leggermente più lungo (7-19 maggio). Oltre alla Voragine, che presumibilmente era la fonte dell’attività più intensa e ha portato alla crescita di un grande cono piroclastico, si attivarono altre bocche lungo una piccola frattura eruttiva orientata in senso nord-sud nella parte occidentale del Cratere Centrale. Ancora un’altra bocca eruttiva, conosciuta come “cratere del 1964”, si aprì nella parte meridionale del Cratere Centrale, formando un cono piroclastico alto qualche decina di metri. Molti degli episodi eruttivi di aprile-luglio 1964 hanno prodotto trabocchi lavici, prima verso il Cratere di Nord-Est e verso ovest, poi anche verso nord, sud-ovest, e sud-est.

Dopo l’eruzione del 1964, di quel che una volta era stato l’enorme Cratere Centrale non restava che qualche cenno dell’orlo a ovest e sud-est (quest’ultimo è riconoscibile ancora oggi). Quattro anni più tardi si aprì la Bocca Nuova, che ora è il più grande dei quattro crateri sommitali. Diverse volte negli ultimi anni è sembrato che l’Etna tentasse di ricostituire l’originario Cratere Centrale, riunendo in un’unica depressione craterica la Voragine e la Bocca Nuova. Tuttavia, le attività del 2015-2016 della Voragine e del 2018 alla Bocca Nuova hanno dimostrato che si tratta di due strutture crateriche vicine ma sorprendentemente distinte l’una dall’altra, ognuna delle quali ha un suo condotto di alimentazione e un suo stile eruttivo.

Infine, la diffusa abitudine fra le guide e altri conoscitori dell’Etna, di chiamare il cratere Voragine anche “Cratere Centrale” non è del tutto fuorviante. Anche se questo cratere occupa solo circa un terzo della superficie dell’ex Cratere Centrale, esso si trova esattamente al centro del complesso dei crateri sommitali dell’Etna, e quindi giace sopra quello che si considera il condotto di alimentazione principale del vulcano. Fra i crateri sommitali dell’Etna, la Voragine erutta meno frequentemente, eppure alcuni dei suoi episodi parossistici sono annoverati tra le più violente eruzioni dell’Etna, come nel 1998-1999 e nel 2015.