
La pandemia di Covid-19 ha segnato un capitolo tragico della storia italiana, con un bilancio che ha superato le 197.000 vittime. La sua devastante impatto è iniziato il 20 febbraio 2020, quando il virus SARS-CoV-2 ha fatto ufficialmente il suo ingresso nel paese. Quel giorno, all’ospedale di Codogno, arrivò il risultato del tampone di un giovane paziente, Mattia Maestri, identificato come “paziente 1” in Italia. Da quel momento, l’emergenza sanitaria ha avuto inizio, estendendosi rapidamente a tutta la nazione.
Nei giorni successivi, anche la provincia di Varese registrò i primi casi, tra cui un 70enne di Busto Arsizio. La pandemia si è rapidamente diffusa, colpendo ogni angolo del paese e mettendo a dura prova il sistema sanitario nazionale.
Nonostante la fase acuta della pandemia sembri essere superata, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) raccomanda di non dimenticare quanto accaduto. Gli esperti avvertono che il monitoraggio del virus deve continuare, poiché il rischio di nuove varianti potrebbe riaccendere la diffusione del contagio.
“Il virus Sars-CoV-2 fa ormai parte del mix di patogeni respiratori che colpiscono soprattutto durante l’inverno”, spiega Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento Malattie Infettive dell’ISS. “Non costituisce più un’emergenza, ma deve comunque essere monitorato, come avviene per l’influenza o il virus respiratorio sinciziale”.
Una delle risposte più efficaci alla pandemia è stata la vaccinazione, che continua a essere un’arma cruciale contro il virus. “Ogni anno, vengono fatte valutazioni sulle modalità di vaccinazione e sulle categorie da proteggere”, sottolinea Palamara, facendo riferimento alle linee guida ministeriali che individuano le categorie più vulnerabili, come gli anziani e le persone con patologie pregresse.
I numeri ufficiali del Ministero della Salute raccontano una tragedia che nessuno avrebbe potuto prevedere: in cinque anni, l’Italia ha registrato 27.191.249 casi di Covid-19, di cui 513.845 tra gli operatori sanitari. L’età media dei pazienti è di 45 anni, e il totale dei decessi ammonta a 197.563, con 25.402.836 guariti.
L’11 marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarava l’inizio della pandemia, mentre il 5 maggio 2023, tre anni dopo, ha annunciato la fine dell’emergenza sanitaria. Tuttavia, il rischio di future pandemie rimane elevato.
L’OMS ha infatti dichiarato che nuove emergenze globali sono inevitabili. La consapevolezza di questo rischio è cresciuta, e in Italia sono stati compiuti notevoli sforzi per rafforzare la preparazione a rispondere a future crisi sanitarie.
“Stiamo imparando dalle lezioni del passato”, afferma Palamara, riferendosi ai progetti finanziati dall’Unione Europea e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che hanno potenziato le reti di ricerca e sorveglianza. Inoltre, l’Italia partecipa regolarmente a esercitazioni pandemiche nazionali e internazionali, aumentando così la sua capacità di affrontare emergenze future.
La preparazione a nuove pandemie non è un obiettivo da raggiungere, ma un processo continuo che richiede la collaborazione tra diversi settori e istituzioni. “L’esperienza del Covid-19 deve aiutarci a mantenere la preparedness come una priorità e a continuare a rafforzare le nostre capacità”, conclude Palamara.
Il futuro richiede quindi una vigilanza costante, senza mai abbassare la guardia, per evitare che una nuova pandemia possa coglierci impreparati.