Collettore San Marco, le motivazioni della Cassazione che danno ragione al cittadino Milici

95047.it La Corte di Cassazione penale ha pubblicato le motivazioni che hanno portato ad accogliere il ricorso depositato dal cittadino paternese Nino Milici avverso alla sentenza di proscioglimento del Gup di Catania.
 La vicenda è quella del collettore fognario (mai ultimato) di San Marco: è proprio in coincidenza del fondo di Milici che la conduttura esplode come un geyser incontrollabile mettendo a repentaglio la vita stessa dei residenti della zona.
Sul banco degli imputati sono finiti il sindaco attuale Mauro Mangano e quello precedente Pippo Failla assieme ai due funzionari del Comune Giuseppe Di Mauro (oggi in pensione) ed Eugenio Ciancio.
 Una vicenda che si trascina da anni e che, adesso, torna nuovamente tra i corridoi della Procura con quella che sarà la fissazione dell’udienza davanti al Gup chiamato a decidere per un nuovo proscioglimento o per il rinvio a giudizio.

Fatto sta che le parole contenute nelle motivazioni della Cassazione pesano come macigni: “Si esplicita il grave pericolo per l’incolumità fisica di chiunque dovesse trovarsi all’interno o in prossimità del fondo MILICI, significando che detta situazione di fatto “imponeva ed impone un intervento immediato da parte dei sindaci che si sono succeduti nell’amministrazione e dei funzionari preposti al ramo competente, da ritenersi urgente ed indifferibile ed assolutamente prioritario, per ragioni di igiene, salute ed incolumità pubblica, nelle scelte discrezionali dell’amministrazione nella spesa pubblica”; del che vi è altrettanto chiaro riscontro nelle considerazioni che in proposito il g.u.p. ha ritenuto di spendere nella motivazione della sentenza impugnata, individuando apertamente nella mancata adozione delle ordinanze di cui sopra uno dei profili da sottoporre a disamina ai fini della pronuncia richiestagli”.

Ed ancora: “Alla data del 2014 (epoca della relazione) lo sversamento di liquidi fognari dal collettore interrato e non completo non investiva solo il fondo del querelante MILICI – il quale aveva ottenuto un’ordinanza cautelare in sede civile, non eseguita in sede coattiva per l’impossibilità del MILICI di anticipare le ingenti somme per l’opera pubblica – ma altresì diversi fondi viciniori; che lo sversamento dei reflui fognari aveva creato gravi danni alla strade/la interpoderale, al muro di contenimento della massicciata della ferrovia, alle colture dei fondi, pieni di fango, detriti e rifiuti organici; che lo sversamento creava un deposito incontrollato di rifiuti con grave pericolo per la salute e l’incolumità fisica «di chiunque dovesse trovarsi all’interno o in prossimità del fondo MILICI»”.

La Cassazione rispedisce, poi, al mittente ogni considerazione legata alla mancanza di fondi economici per potere operare ed ultimare il collettore: “i provvedimenti d’urgenza avrebbero dovuto prendersi”, dice in soldoni l’alta Corte.
Infine, l’azione del gup. Altro macigno sulla vicenda: la Corte di Cassazione parla di “illogicità della motivazione del g.u.p. ed “errata percezione dei fatti”, a fronte della coerenza ed aderenza ai fatti del provvedimento del gip. Del tutto ignote sono le ragioni del proscioglimento dall’addebito ulteriore di cui all’art. 256 d. Igs. n. 152/2006, a fortiori alla luce della connotazione propria dell’elemento soggettivo in seno alle fattispecie contravvenzionali quali quella in questione”.

Insomma, la partita giudiziaria si riapre. Il fascicolo è già arrivato al Gip e già nei prossimi giorni potrebbe conoscersi la data della nuova udienza preliminare. Il reato ipotizzato resta quello di “inquinamento ambientale e omissioni d’atti d’ufficio”.