Il congedo del Capitano Provenzano: “Il fenomeno mafioso va monitorato giorno dopo giorno”

95047.it Alla fine di tutto, si dice che di un vero giornalista quello che resti siano le parole che ha scritto. Parole belle o brutte. Azzeccate o sbagliate. Urgenti o pensate. Come uno scintillio umile e onesto.
Così come di chi combatte la mafia e la criminalità, per professione e per missione, resta il modo silenzioso con il quale si opera in mezzo a mille insidie e tagli operati dallo Stato. Un lavoro condotto in un confine complicato, nella trincea quotidiana dello scontro, dei sequestri – lì dove infuria la battaglia – e rappresenta l’ultimo rosario esigibile di un culto sempre al limite.
 Un lavoro come quello condotto a Paternò, dal Capitano Lorenzo Provenzano che lascia la Compagnia al termine di quattro intensi anni nel corso dei quali – ne siamo testimoni diretti – si è tutt’altro che risparmiato. Lascia un territorio dove la mafia c’è ancora ed affonda i suoi artigli con meccanica precisione tra la povera gente ma anche tra i colletti bianchi che hanno sempre un becero conto da presentare. 
Il Capitano Lorenzo Provenzano lascia, dunque, al termine di quattro anni condotti con generosità e professionalità. Per questo, lascia un’eredità pesantissima. Era arrivato qui nell’estate del 2012. La formazione all’Accademia militare di Modena, tre anni di Scuola Ufficiali Carabinieri a Roma, la laurea in giurisprudenza, il Comando del Plotone dell’Ottavo Reggimento carabinieri Lazio, il Comando del Nucleo Operativo e Radiomobile di Locri. E, poi, la Compagnia di Paternò. Tra un mese esatto, a 31 anni, sarà chiamato a guidare la Compagnia di Brescia: oggi pomeriggio alle 18.30 dinanzi allo spiazzo della caserma di piazza della Regione, il saluto alle forze istituzionali e militari del territorio.
 Un momento pubblico per nulla simbolico: intriso al contrario di molteplici significati.

Capitano Provenzano, si chiude una esperienza che, immagino, avrà significato parecchio.
“Di certo, Paternò non è un territorio semplice. Per diversi motivi: anche sociologici e criminali che portano a non rispettare le regole. In questi anni c’è stata una forte azione repressiva da parte della Compagnia e dell’Arma dei carabinieri. E vorrei ricordare che abbiamo stoppato per tempo una nuova possibile faida”.

Allude all’omicidio di Turi Leanza?
“Sì, ed in quella occasione arrestammo i responsabili. E’ chiaro che si tratta di dinamiche criminali che si evolvono nel tempo. Non mi va di affermare che la situazione sia migliore o meno: di certo, in questi quattro anni e soprattutto nell’ultimo periodo, si è percepito anche da un punto di vista statistico un drastico calo delle azioni criminali”.

Rispetto ad un anno fa, certamente. E’ dovuto ad un vostro maggiore impatto sul territorio?
“Abbiamo dato tutto noi stessi impegnando tutte le pattuglie a disposizione ad ogni ora del giorno e della notte. Basta osservare il dato relativo alle rapine in calo: e non parlo solo di Paternò ma di tutto il territorio. In quattro anni i miei militari hanno arrestato 41 rapinatori: lo scorso anno ci sono state, su tutta la Compagnia, cento rapine mentre in questo 2016 siamo a 20. Un calo vi è anche sui furti e sugli altri reati”.

E’ più preoccupante, oggi, il dato legato alla macro-criminalità di stampo mafioso o alla micro-criminalità?
“I dati della micro-criminalità sono in netto calo. Quelli della macro-criminalità sono più, per così dire, “oscuri”: mentre una rapina viene denunciata nel 99% dei casi, quelli delle estorsioni o della droga sono numeri che sfuggono ai dati reali. I fenomeni mafiosi a Paternò non saranno, forse, in uno stato di forte emergenza: ma sono assolutamente da monitorare giorno dopo giorno”.

Guardandosi indietro, che sensazioni ha su questa città?
“Guardi, credo che l’esempio più lampante proviene da piazza Umberto: avviare attività commerciali con privati che si sono messi in gioco, facendo qualcosa per la città, serve a riappropriarsi degli spazi ed a creare legalità. Anche a creare sicurezza: perchè la sicurezza dobbiamo “farla” tutti”.

Pizzo e usura: quanto ancora forte è la maglia degli strozzini sui commercianti?
“Purtroppo, questo resta un fenomeno parecchio diffuso. Non si parla più di “pizzo diretto” come forma di protezione ma ci sono varie forme di pizzo che vengono nascoste nelle diverse attività. Il fenomeno delle estorsioni, ad esempio: ci sono settori dove la mafia impone dei costi non dovuti ad imprese che se non pagano non riescono ad entrare nel circuito commerciale. Il chè, rappresenta un freno a mano tirato per tutta l’economia. Ma anche l’usura è un reato inaccettabile e antipatico: un delitto che tante volte resta sommerso”.

La netta sensazione è che si denunci ancora poco.
“Sul fronte delle estorsioni ne abbiamo avute diverse, soprattutto nell’ambito dell’edilizia. Si è trattato, in particolare modo, di commercianti che venivano da fuori e che con le loro denunce ci hanno permesso di effettuare degli arresti”.

Con quali emozioni va via da Paternò?
“Ho la consapevolezza di aver svolto un buon lavoro. Di aver preso un Comando importante che ha lavorato bene anche negli anni passati e di aver portato avanti una barca che ho portato ancora più avanti verso l’obiettivo. Per carità, bisogna fare ancora tantissimo sul fronte della criminalità ma vado via con la consapevolezza di aver portato risultati utili alla crescita del territorio”.

Qual è stato il Suo momento più difficile qui a Paternò?
“Beh, il comando di una Compagnia ti porta sempre a metterti davanti a dover scegliere tra percorsi difficili e con poco tempo. Sia nella gestione dei militari che nelle scelte strategico-investigative e sul come fronteggiare emergenze come quelle degli omicidi. Non si tratta di vere e proprie difficoltà: ma di sfide da affrontare con freddezza ed entusiasmo. Per arrivare all’obiettivo: quello della verità. Prenda l’omicidio di del povero ragazzo di Valverde: non è stato semplice ma l’abbiamo risolto. Oppure, il caso di Vincenza Ingrassia a Biancavilla: pareva dovesse trattarsi di una rapina che avrebbe creato un allarme sociale ed invece la verità era un’altra. Vado via con un bagaglio inestimabile: sia da un punto di vista professionale che umano”.

Lei, adesso, andrà a Brescia: una realtà decisamente diversa.
“La scelta di Brescia l’ho fatta per rimettermi in gioco. Sono contento che l’Arma abbia deciso di trasferirmi lì: è la seconda città più importante della Lombardia. Ci sono dinamiche diverse con una criminalità che è più straniera. Voglio affrontare anche questa sfida al meglio”.

E al suo successore cosa dice?
“Il mio posto verrà preso dal Capitano Angelo Accardo che proviene dal Nucleo Operativo di Torino-Mirafiori. Farà bene. E lavorerà al meglio: non è un augurio bensì una certezza”.

Per ultimo, Lei questo pomeriggio saluterà tutti prima della partenza ufficiale prevista per la fine di agosto: che messaggio lascerà?
“Io ho toccato con mano come tutti i Comuni della Compagnia abbiano una propria storia ed una propria identità. Porterò sempre con me l’incanto di questa terra che va dal Simeto alla cima dell’Etna. Mi limito a dire che, però, non può bastare solo la repressione. Quando venne chiesto al Prefetto un’azione più incisiva sul territorio, il Prefetto rispose che occorreva anche portare avanti una politica che potesse portare ad una nuova mentalità. Ad una nuova cultura. Il mio augurio è che vi sia più attenzione per le politiche sociali che serviranno, inevitabilmente, a far rispettare qualunque regola”.

1 Comment

  1. Capitano, chi con spirito di abnegazione s’impegna a fare rispettare la legge per la tutela dei cittadini è sempre un eroe. Auguri per la sua nuova sede e sempre AD MAIORA !!!!!!.

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