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Il Governo ha deciso. Dopo giorni di pressione, di dubbi e di evidenti problemi, perché la scelta è tutto tranne che semplice, ha decretato (probabilmente in serata sarà reso pubblico il testo) la chiusura della Lombardia e di 11 province da domenica 8 marzo e fino al 3 aprile.
Cosa significa concretamente? Che ci sono forti limitazioni di movimento e non solo per evitare il propagarsi dei contagi da coronavirus, in quest’area particolarmente diffuso.
Nel decreto viene stabilita una “zona di sicurezza” dove sono previste limitazioni strettissime.
Nell’articolo 1 della bozza del nuovo decreto compare il divieto di ingresso e di uscita dalla Lombardia e da altre 11 province, e l’estensione delle zone controllate a Piemonte ed Emilia-Romagna. Nel dettaglio, le province diventate “zona rossa” sono le seguenti: Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti e Alessandria.
In particolare: sospensione delle attività sciistiche, sospensione di eventi pubblici. Chiusi musei, palestre, piscine, teatri, stop ai concorsi pubblici ad esclusione del personale sanitario. Bar e ristoranti dovranno mantenere l’obbligo di distanza di un metro altrimenti l’attività sarà sospesa.
Le attività commerciali dovranno rispettare la distanza di un metro per i clienti altrimenti scatterà la sanzione. Se non riescono per motivi strutturali dovranno chiudere.
Divieto di accesso al pronto soccorso, all’hospice.
Le riunioni di lavoro dovranno essere rinviate e si dovrà privilegiare lo smart working. Nel decreto c’è un invito a limitare la mobilità interna alle zone di sicurezza.
Il bollettino emesso dall’assessore regionale Giulio Gallera sabato d’altronde non rassicura certo, anzi, e le mappe dello sviluppo del contagio nel giro di pochi giorni inducono a ritenere che tutta la regione sia ormai un focolaio del Covid-19.