Elogio per Nino Di Giuseppe

95047.it Parlare di una persona cara è molto difficile e lo diventa ancora di più se il soggetto riguarda il signor Nino Di Giuseppe, ultraottuagenario, da me conosciuto oltre 55 anni fa, nel periodo in cui con il fratello Mimmo frequentavamo a Catania la Facoltà di Giurisprudenza, Corso di Laurea in Legge.
Avrei tanti aneddoti da raccontare per tratteggiare la figura di Nino Di Giuseppe, un galantuomo d’altri tempi, con una immensa carica di umanità. Bontà d’animo e rapporto umano hanno sempre contraddistinto i Di Giuseppe: il maresciallo Pippo, la sorella Maria, Mimmo, la sorella di Milano…con i quali l’amicizia era simbolo di sacralità della vita.
All’amico Nino Di Giuseppe, che seppe scegliere nel lontano 1973 la denominazione del nostro condominio (lo denominò “Buoni Amici”) a nome di tutti i condomini e mio personale, offro simbolicamente dei fiori sulla sua lapide, poiché come ha scritto il poeta “I fiori sull’urna dicono sempre: solo non sei!”. E solo non resterà Nino Di Giuseppe! I figli, il nipote lo ricorderanno in modo esemplare, sempre.
Adesso è volato lassù per incontrare i suoi cari, la sua Silvia, da sei anni in Paradiso dove gli angeli cantano in coro melodie del cielo, nella casa del Padre, sorgente di vita eterna, oceano infinito di Misericordia.

Ero solito, da oltre quarant’anni, chiamarlo “zio Nino” e così continuerò oggi, domani, sempre.
Zio Nino si è addormentato nel Signore dopo avere ricevuto la benedizione di rito dal carissimo don Nunzio Chirieleison, la sera dello scorso 13 febbraio. Aspettava quegli attimi con ansia. Poi è spirato serenamente.
Nel suo ultimo sonno di Resurrezione e di luce ha provato la gioia di ritornare alla sua “Silvia” per festeggiare “San Valentino” per l’eternità. Uniti per sempre. Quando la signora “Silvia”, sua diletta sposa, oltre che compagna di vita, raggiunse l’azzurro di Dio, Egli subì un tremendo trauma che segnò l’inizio della sua fine, sei anni or sono.
Padre esemplare, visse con i suoi figli Francesco e Maria Pia, con la nuora Margherita, col nipotino Paolo, la gioia della vita, condizionata negli ultimi anni della sua malattia e dal sopraggiungere della cecità che lo costrinse a smettere pur di dipingere pure i suoi piccoli capolavori d’arte che impreziosiscono le pareti di casa sua, dei figli, degli amici, di gran parte dei parenti.
E zio Nino sarà ricordato anche attraverso le sue opere pittoriche e poetiche mai pubblicate; gelosamente custodite in un cassetto. Smise pure di scrivere meravigliose poesie dedicate alla moglie, ai figli, ecc…
Una è dedicata a suo cugino, il dott. Giuseppe Raccuia, il quale addirittura si sentì in dovere di scrivere un libro “Ricordi”, pubblicato nel 1992. Entrambi facevano riferimento alla città di nascita, la loro Paternò, con le Palme di Piazza San Giovanni in atto scomparse a causa della malattia provocata dal punteruolo rosso. Adesso, sono scomparse le palme ed anche Nino Di Giuseppe e Peppino Raccuia.
Che tristezza! Il tempo scorre inesorabilmente così come la nostra vita! Sul libro viene riportata la poesia di Nino Di Giuseppe “M’assale la nostalgia”, dedicata a Peppino Raccuia, cugino ma soprattutto fraterno amico nella vita. In quei versi traspare liricamente la struggente nostalgia del dolce luogo natio, cioè Paternò – inviterei a leggerla in memoria di Nino e Peppino, entrambi scomparsi!

I disegni e le poesie di zio Nino, un vero autodidatta, esprimono la bellezza dei paesaggi, dei sentimenti; raggiungono il linguaggio universale per coloro che sono dotati di animo sensibile. Descrivono il candore dell’anima di zio Nino, la gioia di vivere di un galantuomo di altri tempi: simbolo per tutti noi che lo abbiamo conosciuto più da vicino. Con la battuta fresca, genuina, affettuosa, giovanile, col bonario sorriso, nutrì il culto della conoscenza e della “storia patria”, vivendo i giorni della sua vita nel lavoro e nella famiglia, in modo esemplare; così come nella Pubblica Amministrazione Centrale.
Fu un ottimo dipendente presso l’ufficio del Registro di Paternò. Successivamente prestò lodevolmente servizio a Catania presso l’ufficio delle Imposte indirette nonché all’Avvocatura dello Stato. Trascorse gli ultimi dieci anni di servizio, prima di essere posto in pensione, negli uffici della Condotta agraria regionale di Paternò, dove fu stimato per la sua signorilità e professionalità con i colleghi e col pubblico.
Un lavoro esemplare il suo. Nel pieno rispetto delle leggi e del codice morale: le leggi dell’onestà, della rettitudine, della dedizione al lavoro, della bontà d’animo verso i terzi. Con l’esempio ci ha insegnato ad amare, rispettare e servire gli altri nella società; e soprattutto a rispettare la sofferenza fisica della malattia secondo la volontà di Dio! E la sofferenza zio Nino l’ha provata per molti anni, dolorosissima in questi ultimi mesi. “Mors omnia solvit!”: “Con la morte tutto si è risolto!”.

Adesso non sentirò più la sua voce; e neppure lo vedrò dalla finestra della veranda di casa mia. E’ andato in cielo lo zio Nino, rimanendo per sempre nei nostri cuori. E’ stato un privilegio averlo conosciuto e, soprattutto, avere apprezzato il calore umano dell’amicizia di un vero galantuomo del passato.
Un altro amico è andato via. Sono certo che quando avrò nostalgia del suo afflato umano, cercherò nella memoria e nei ricordi, attraverso la lettura degli articoli che zio Nino era solito pubblicare su “La Gazzetta dell’Etna”, diretta dal prof. Angelino Cunsolo. Era anche un’altra sua vena artistica “il giornalismo fatto col cuore”, così come le sue poesie ed i suoi quadri. Troverò le sue testimonianze storiche sui bombardamenti a Paternò il 14 luglio 1943, la descrizione di alcuni eventi e aneddoti che riguardano le “marachelle di zio Nino” negli anni della sua adolescenza, lungo il filo della memoria, fragile, incantato, genuino come l’acqua pura di sorgente.

Addio “zio Nino”. Non ci sentiremo più. La morte ha innalzato un altissimo ed invisibile muro; una misteriosa muraglia di ombra e silenzio. Un silenzio che andrà oltre. Sulla lapide però ci saranno i fiori della memoria. Dunque, come scrisse il poeta “I fiori sull’urna dicono sempre solo non sei”.
Non lo resterai mai!