Estorsioni e droga: tutto è partito dalla denuncia di un imprenditore

95047.it Tutto è scattato nel marzo del 2012 quando un imprenditore palermitano denunciò ai carabinieri una estorsione ai suoi danni. Si trattava del lavoro di ristrutturazione di un immobile in zona Ardizzone a Paternò.
E’ stata ricostruita l’organizzazione del clan e dei luoghi. C’era chi si occupava di recuperare i crediti e chi, invece, era dedita allo spaccio della droga. Una delle piazze dello spaccio era piazza Purgatorio ovviamente a Paternò: ma lo scambio della sostanza stupefacente avveniva anche in auto per le strade della città.

Sono stati almeno quattro gli episodi estorsivi riconosciuti dagli inquirenti: tre nei confronti di imprenditori edili, uno nei confronti di un esercente (si tratta di un negozio di ottica paternese). All’alba di oggi il blitz dei carabinieri del Comando provinciale e della Compagnia di Paternò in una operazione che è stata denominata “The end”.

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TUTTA LA RICOSTRUZIONE EFFETTUATA DAGLI INQUIRENTI. “In data odierna è stata data esecuzione ad ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica, nei confronti di 14 soggetti indagati, dei quali 13 in carcere e uno posto agli arresti domiciliari.
Il provvedimento è stato eseguito da oltre cento Carabinieri del Comando Provinciale di Catania e dei reparti specializzati quali la Compagnia di Intervento Operativo del XII Battaglione “Sicilia”, il Nucleo Cinofili di Nicolosi ed il Nucleo Elicotteri di Catania, nei confronti del clan ASSINNATA di Paternò affiliato alla famiglia catanese SANTAPAOLA di cosa nostra. Il clan, storicamente sviluppatosi in seno al gruppo mafioso di Paternò facente capo ad ALLERUZZO Giuseppe (cl. 1935), è stato riorganizzato da ASSINNATA Domenico (cl. 1952) e dal figlio Salvatore (cl. 1972) come accertato nelle operazioni ORSA MAGGIORE, che nel 1993 per la prima volta individua i gruppi dell’hinterland catanese ricollegabili alla famiglia Santapaola, PADRINI e FIORI BIANCHI che hanno documentato l’operatività del clan sino all’aprile 2010.
I soggetti arrestati rispondono dei reati di associazione di tipo mafioso, estorsione ed associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, commessi dal 2012 al settembre 2013.
Il provvedimento scaturisce da una complessa attività di indagine avviata dalla Compagnia Carabinieri di Paternò, in seguito al rinvenimento di una tanica di benzina con accendino legato da nastro adesivo presso un cantiere di una ditta della provincia di Palermo e alla successiva denuncia presentata dal titolare nei confronti dello sconosciuto autore, poi identificato in FIORETTO Giuseppe.
L’attività investigativa ha consentito di documentare come ASSINNATA Salvatore fosse il promotore dell’organizzazione che gestiva la “cassa” del clan e che si occupava di reinvestire i guadagni nell’acquisto di sostanza stupefacente, avendo rapporti con le altre famiglie mafiose di Catania.
Le indagini hanno delineato una organizzazione mafiosa, di tipo verticistico – piramidale, con una chiara e nitida suddivisione dei compiti, tutti finalizzati al conseguimento di illeciti proventi scaturenti da diversificate attività criminali.
ASSINNATA Salvatore era coadiuvato dai suoi “fedelissimi”, MESSINA Giovanni, suo storico braccio destro e tratto in arresto nell’ambito dell’indagine in quanto trovato in possesso di 600 grammi di cocaina purissima, PUGLISI Pietro, responsabile di custodire l’arsenale del clan sequestrato nel maggio del 2013, il cognato GIACOPONELLO Andrea, tratto in arresto per la detenzione di una pistola con matricola abrasa, BEATO Benedetto, PARENTI Giuseppe, VESPUCCI Luca e FIORETTO Giuseppe, con i compiti di gestire le altre attività illecite.
ASSINNATA Salvatore utilizzava i soggetti suddetti, unitamente ad altri, come gregari attraverso i quali recapitava messaggi, recuperava somme di denaro, consegnava e spacciava lo stupefacente.
Le indagine hanno consentito di accertare l’esistenza di una “piazza di spaccio” a Piazza Purgatorio di Paternò gestita da BEATO Daniele, FUSTO Giuseppe, LEONARDI Mario e OLIVERI Rosario. Altri soggetti, quali PELLEGRITI Cinzia, i fratelli DI FAZIO Angelo e Andrea, erano incaricati dello spaccio dello stupefacente.
Tra le varie azioni estorsive documentate, anche di recupero crediti, particolarmente efferata e sfacciata quella ai danni di un’ottica paternese, ove i sodali, approfittando della minaccia implicita dell’appartenenza al clan, si recavano frequentemente per prelevare costosi occhiali senza versare il corrispettivo.
L’indagine ha anche dimostrato come tutti i accoliti fossero tenuti a versare i proventi delle varie attività illecite in una cd. cassa comune, dalla quale venivano ricavati gli “stipendi degli affiliati” e i costi del mantenimento dei familiari di coloro che erano detenuti.
Emblematico è, a tal proposito, l’episodio in cui BEATO Daniele, avendo sentore che da lì a poco gli sarebbe arrivata una condanna definitiva, dialogava con VESPUCCI Luca al quale diceva che sarebbe dovuto avvenire “il passaggio del testimone” e che “ora doveva iniziare a lavorare al posto suo”.
Singolari le conversazioni captate tra alcuni affiliati relative al ruolo indiscusso di leader di
ASSINNATA Salvatore, “iddu quannu u talii sulu nda facci … pigghi e ti pisci incoddu…minchia… iddu è il top dei top…iddu cumanna è u capu…io sugnu suddatu” e ancora una conversazione che evidenziava la cultura mafiosa degli associati “iu sugnu mafiusu….’mbare iu macari ca m’attaccunu …iu mi fazzu a galera mutu mutu” ed infine una conversazione che testimoniava il nuovo ingresso di un affiliato che confermava di essere entrato a far parte del clan Assinnata: “A: ma gia’ t’associaru?…t’associasti?…ti dichiarasti vero? B:si… A: si?…apposto…””.
E’ uno stesso appartenente all’organizzazione che, in una intercettazione, diceva del proprio capo ASSINNATA Salvatore “ha statu pi sempri” e “lui è il top del top”.

2 Comments

  1. «’mbare iu macari ca m’attaccunu …iu mi fazzu a galera mutu mutu»
    Certo, ovvio, le nostre carceri sono come hotel a 5 stelle per loro: manca solamente che le celle siano dotate di connessione internet, pay tv, impianto hi-fi, climatizzatore… Modelliamo invece le nostre carceri a immagine e somiglianza di quelle di Diyarbakir (Turchia), La Sabaneta (Venezuela), Tadmor (Siria), Carandiru (Brasile), Camp 22 (Corea del Nord), Gitarama (Ruanda), Bang Kwang (Thailandia), La Sante (Parigi)!! E vediamo se poi fanno ancora gli “spacchiusi” (passatemi il termine) o si “piscianu incoddu”!!!
    Ricordate: le regole della civiltà valgono solamente per le persone civili.

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