Gli arresti dell’operazione En Plein svelano 40 anni di mafia a Paternò

95047.it. E’ in via Scala Vecchia che ha inizio la faida cruenta che ha insanguinato per oltre 40 anni le strade di Paternò. Una guerra di mafia riesplosa con l’omicidio efferato di Turi Leanza: un’eliminazione fredda, spietata e agghiacciante come raccontato dal pentito Francesco Musumarra. Il 31 luglio 1975 i fratelli Angelo e Giuseppe Catena sono crivellati senza pietà: dietro quel delitto c’è la gestione delle corse clandestine di cavalli. Una sentenza, datata 1979, decreta il colpevole del duplice omicidio: è Salvatore Rapisarda. Il potere dei Catena lo eredita da Giuseppe Alleruzzo che si contrappone ai Laudani di Orazio Conigliello, fidatissimo di Salvatore Rapisarda e Antonino Morabito, conosciuto come Nino Lima.

Il potere mafioso a Paternò all’inizio degli anni ’80 è diviso tra gli Alleruzzo e il gruppo Stimoli- Morabito- Fiorello. Per diventare i “re” incontrastati del “castello normanno” si spara, le pistole fumanti sono a ogni angolo di strada. I killer senza scrupoli sono pronti ad eseguire gli ordini dei capi. E si uccide non i pesci piccoli, ma chi “comanda”. Nel 1980 viene ammazzato Giuseppe Mazzaglia: un colabrodo. Ma gli spari non cessano, la famiglia Morabito viene quasi sterminata: tre rampolli sono condannati a morte, così come Alfio Rapisarda, ammazzato da Salvatore Leanza e Giuseppe Alleruzzo. I Morabito e i Rapisarda si alleano contro gli Alleruzzo e si schierano con i Laudani. Per qualche anno la dinamite viene messa da parte: la guerra è vinta dagli Alleruzzo.
Ma nel 1986 qualcosa rompe i delicati equilibri di una polveriera pronta a (ri)esplodere. Giuseppe Alleruzzo finisce in manette. I Laudani rispondono uccidendo il figlio Santo e la moglie Lucia Anastasi nel 1987: il capomafia decide di pentirsi.
Una calma apparente. Dura qualche anno. Negli anni ’90 la tensione diventa intestina al clan Alleruzzo. I fratelli Salvatore e Carmelo Tilleni Scaglione, fedelissimi di Turi Leanza, tentano la scalata ai danni di Domenico Assinnata. Nel 1992 il fratello del boss, Vito Assinnata, rimane ucciso in un agguato. La vendetta non tarda ad arrivare: Carmelo Tilleni Scaglione viene assassinato.

Carabinieri e polizia infliggono duri colpi ai due gruppi: manovalanza e uomini di peso finiscono dietro le sbarre. Interviene la cupola catanese che ordina di siglare una pax mafiosa per mettere fine a una faida che attira troppo l’attenzione degli sbirri. Un accordo che sembra tenere fino alla scarcerazione di Salvatore Leanza che appena fuori convoca i suoi fedelissimi e detta le nuove azioni per riportare l’egemonia assoluta degli Alleruzzo a Paternò.
Un’autonomia di azione quella di Turi Leanza che non sarebbe piaciuta non solo ai rivali Morabito-Rapisarda ma anche ai suoi stessi “alleati” che danno il consenso alla sua eliminazione. Anche perché da quello che racconta il pentito Musumarra da tempo gli Assinnata avrebbero voluto “fare fuori” Padedda, perché dietro l’omicidio di Vito Assinnata del 1992 ci sarebbe stato un suo ordine. E Salvatore Rapisarda voleva regolare i conti per l’uccisione del fratello Alfio. Due vendette , dunque , confluite in un unico piano criminale: ammazzare Turi Leanza. Decenni di sangue hanno portato all’agguato del 27 giugno 2014. Da mesi si respira calma a Paternò: ma la storia della mafia ci insegna che non bisogna mai abbassare la guardia.