IL CHIRURGO LANCIA L’ALLARME: “MESI SENZA NUOVE DIAGNOSI. E ADESSO I MALATI DI TUMORE ARRIVANO DA NOI GIÀ GRAVI

Centinaia di migliaia di interventi chirurgici rimandati, milioni di visite e accertamenti arretrati e da smaltire, screening e follow up bloccati o al rallentatore.

L’Italia uscita dal lockdown deve fare i conti con i danni collaterali del virus: per due mesi gli ospedali sono stati travolti dall’ondata e ridisegnati per far fronte all’emergenza, e molti malati di altre patologie, che certo non hanno smesso di colpire ai tempi del coronavirus, hanno sofferto le limitazioni imposte dalla situazione.

A partire dai pazienti oncologici, per i quali ha lanciato oggi l’allarme Lorenzo Spaggiari che dirige la chirurgia toracica allo Ieo, secondo il quale è stato un errore “folle” interrompere le visite.

I numeri parlano chiaro: un milione e 190mila pazienti colpiti da tumore in Italia sono in trattamento attivo, cioè devono essere sottoposti con regolarità a chemioterapia, radioterapia, immunoterapia e alle terapie mirate. Ma secondo un sondaggio promosso da un gruppo di associazioni il 36% dei pazienti ha lamentato la sospensione di esami e visite di follow-up. Un paziente su 5 ha segnalato la sospensione degli esami diagnostici, mentre solo un 3% riferisce lo stop delle cure.

Dall’analisi del dato macro-regionale emerge che al Nord, nonostante sia la parte del Paese più colpita dall’emergenza coronavirus, solo il 14% dei pazienti lamenta la sospensione di esami e visite di follow-up mentre al Centro e Sud Italia questa percentuale sale al 40%. A volte è dipeso dagli stessi malati, spaventati dalla situazione: il 20%, secondo la Fondazione Insieme contro il Cancro, non si è presentato in ospedale pur avendo visite di controllo programmate.

C’è poi il problema degli screening, la diagnosi precoce così importante contro i tumori: secondo uno studio di Nomisma di pochi giorni fa, sono quasi 4 milioni i test che dovranno essere effettuati per mettersi “in pari” con gli anni precedenti.

Secondo il Centro Studi bolognese, il Servizio Sanitario Nazionale si troverà a settembre ad aver eseguito solo un terzo dei test di prevenzione effettuati mediamente in un anno per tumore alla mammella, cervice dell’utero e colon retto. Nomisma stima che sarà necessario effettuare negli ultimi 4 mesi dell’anno 1,2 milioni di test diagnostici mammografici, 1,1 milioni di test cervicali e circa 1,6 milioni di test colorettali.

Problemi seri anche per l’altro “big killer”, il cuore: la pandemia ha fatto registrare una riduzione del 48,4% dei ricoveri per infarto miocardico acuto, secondo uno studio pubblicato sull’European Heart Journal che ha analizzato il numero dei ricoveri nelle unita di terapia intensiva coronarica di 54 strutture cardiologiche universitarie italiane. Ricoveri dimezzati, dunque, e mortalità per infarto triplicata, come ha rilevato una ricerca della Società Italiana di Cardiologia (SIC) in 54 ospedali italiani.

Non va meglio nemmeno al settore delle malattie rare: secondo uno studio dell’Istituto superiore di Sanità oltre il 50% dei pazienti ha rinunciato o interrotto i percorsi terapeutici. Il 46% di questi su suggerimento del medico, gli altri per paura. Ma è tutta la sanità ad aver vissuto come “in sospensione” nei mesi più terribili della pandemia: dalle visite odontoiatriche ai controlli per i malati di diabete, si stimano (sempre secondo Nomisma) oltre 11 milioni di controlli e accertamenti clinici saltati, cui si sommano 410mila interventi chirurgici di ogni tipo, giudicati non urgenti e ora però da recuperare.

“Stiamo ripartendo per smaltire gli arretrati – spiega all’AGI Francesco Ripa di Meana, presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) e Direttore Generale dell’IFO di Roma – dando la priorità ai casi più urgenti, lavoreremo anche di domenica perché i numeri sono alti, solo nel Lazio abbiamo 400mila visite specialistiche da recuperare”.

AGI