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Guarda il servizio andato in onda ieri sera, su “RAITRE” nella trasmissione “REPORT” condotta da Sigfrido Ranucci.
«Va subito affermato che dopo quasi due mesi di costose ricerche e di troupe sguinzagliate in varie regioni d’Italia, non avendo potuto trovare nemmeno un briciolo di attività non solo illegali, ma anche solo inopportune di Ignazio La Russa, Sigfrido Ranucci e i suoi compagni – il riferimento è ai giornalisti di Report – hanno optato per cercare disperatamente di infangare suo padre e la sua famiglia». Sarebbe questo l’aspetto che ha fatto infuriare il presidente del Senato e segnalato, attraverso una nota, dal suo portavoce. «Ricostruzioni del tutto difformi dalla verità e gravemente lesive dell’onore di chi, a cominciare dal defunto Antonino La Russa che oggi avrebbe 110 anni, in vita sua mai è stato oggetto neanche di un avviso di garanzia per qualsivoglia ragione». Prima ancora di andare in onda, stasera 8 ottobre, la puntata di Report apre di nuovo un fronte con gli esponenti del partito di maggioranza. Le anticipazioni della trasmissione sono state riportate da diversi organi di stampa.
E ancora, prosegue la nota, «Report “accusa” Antonino La Russa di essere stato dopo il 1956 vicepresidente della Liquigas, società di quel finanziere Michelangelo Virgillito, tuttora osannato come benefattore della Chiesa e che mai ha avuto problemi giudiziari e che la trasmissione di Ranucci falsamente accusa per un episodio risalente al 1938. Ben 18 anni prima che il padre del presidente La Russa lo conoscesse. Ripetiamo: 18 anni prima di conoscerlo». Il portavoce del numero uno di Palazzo Madama, poi, biasima il passaggio di Report in cui verrebbe riportata l’accusa di un pentito, «secondo il quale nel 1994 il senatore Antonino La Russa avrebbe, insieme al figlio Vincenzo, chiesto voti in ambienti criminali a favore di Forza Italia».
«La circostanza già di per sé falsa e calunniosa, appare peraltro impossibile – continua il comunicato – alla luce del fatto che da anni Antonino La Russa non era più candidato e il figlio Vincenzo, peraltro mai appoggiato elettoralmente dai familiari, era candidato non con Forza Italia bensì con l’Udc di Pier Ferdinando Casini. E quel che più conta è che mai tale circostanza ha avuto alcun seguito giudiziario, anche minimo, né mai è stata contestata agli interessati che l’hanno potuta leggere solo su un “giornaletto” all’epoca dei fatti». Il portavoce di La Russa respinge anche le altre accuse che sarebbero presenti nell’inchiesta di Report, «dai call center agli eletti di Paternò, fino ai rapporti con un socio di un piccolo bar comprato per aiutare il barista».
La nota si conclude con l’annuncio di un possibile ricorso alle sedi penali, nelle quali sarà chiamata a rispondere «Report stessa». La Russa, infatti, «ha dato mandato ai suoi legali di presentare querele per diffamazione aggravata nei confronti di giornali e media che hanno pubblicato e diffuso stralci di accuse inverosimili e senza aver compiuto alcuna doverosa verifica. Stralci di accuse fornite loro dalla stessa trasmissione condotta da Ranucci. Vedremo la trasmissione di questa sera per poi affrontare fake news e vergognose ricostruzioni nei modi che La legge consente pur consci della convinzione di impunità che accompagna questo tipo di pseudo inchieste giornalistiche».