Ipab, com’è lunga la notte: le dipendenti lanciano l’ultimatum

95047.it L’espressione delle dipendenti che abbiamo incontrato ieri mattina è tutt’altro spaventata. Semmai è piena di rabbia e fiera, al tempo stesso, del proprio lavoro. Un lavoro che non sarà stato pagato per ben 34 mesi (leggasi trentaquattro stipendi) ma che costituisce il sagrato della dignità assoluta: quello dell’accudimento dei più soli perchè indifesi. Quegli anziani ospitati all’interno alla struttura sono la vita stessa. L’espressione più alta del servizio.
Tuttavia, fuori dalla prosopopea della retorica, le dipendenti dell’Ipab “Salvatore Bellia” attendono di capire che dovrà essere del proprio presente prima ancora che del proprio avvenire. Ora che la Regione se n’è lavata le mani, ora che la confusione si è mescolata all’incapacità conclamata di politica e burocrazia, ora che tutto è perduto, cos’altro deve accadere? In fondo, siamo abituati fin troppo bene alle promesse mancate della politica.

MERCOLEDI’ UN GESTO ECLATANTE. Loro, le eroiche dipendenti, aspetteranno qualche notizia fino a martedì. Poi, mercoledì, daranno vita ad un’azione eclatante. Il tempo, del resto, è scaduto da un bel pezzo. Attendere ancora significa prolungare l’agonia: e, allora, l’ultimatum di mercoledì è l’ultima linea da non oltrepassare. Vedremo.

NON CI SONO MAI COLPEVOLI. Il minimo comune denominatore di questa storia è non ha mai pagato nessuno. Nessuno. Se non, e questo è chiaro, le dipendenti: sulla loro pelle. Sulla devastazione dell’Ipab, dagli anni passati e sino ad oggi, non ci sono mai stati colpevoli. E non ci sono nemmeno oggi. I buchi in bilancio lo hanno fatto le termiti del malaffare e della pessima gestione. Ci sarebbe voluto un giudice a Berlino: che, purtroppo, ad oggi non c’è stato.

ALLO STREMO. E’ chiaro che le lavoratrici sono allo stremo. Lo abbiamo raccontato in tutte le salse: e tutto è rimasto quasi del tutto nell’oblio dell’indifferenza e delle parole vuole e che non hanno mai spinto all’azione. Al capovolgimento delle cose. Occorrerebbe il “miracolo” della normalità: il prodigio che offra ai dipendenti ed alle loro famiglie uno spiraglio finalmente di concretezza. E sarebbe un sollievo in tanta disgrazia.

UNA STRUTTURA CHE E’ PATERNESE DA SEMPRE. La beffa sta proprio qui. Una struttura, da quando veniva chiamata “Albergo dei poveri”, che è sempre stata simbolo e “rifugio” della città. Eppure, è dalla Regione che ne è venuta la cancellazione. L’Ipab paternese è stato spazzato via così come è accaduto da altre parti dell’isola anche se non proprio dappertutto (come ad Acireale, tanto per fare un esempio).

UNA PROPOSTA. Non è certo compito dell’informazione arzigogolare e trovare rimedi. Ma facciamo nostra la proposta che abbiamo elaborato con alcuni liberi cittadini: adibire la struttura ad un centro di accoglienza turistica sfruttando le stanze ed i locali a disposizione, cambiando la destinazione d’uso dello stabile. Con le dipendenti che potrebbero dar vita ad una cooperativa. Realizzabile? Proposta insensata? E se fosse una possibilità? Di certo nel punto nel quale si è, le acque vanno smosse perché – è chiaro – così non si può pretendere di continuare. Punto.
L’attesa è, dunque, fino a martedì. Mercoledì, in un senso o nell’altro, le dipendenti prenderanno ufficialmente una posizione eclatante.