LA QUESTURA VIETA I FUNERALI DI ALLERUZZO: LA SALMA SARÀ CREMATA

+++AGGIORNAMENTO+++

La Questura di Catania, per motivi di sicurezza, ha vietato i funerali in forma pubblica e privata del boss Giuseppe Alleruzzo.

La salma, dopo una benedizione in casa a Paternò, sarà trasferita direttamente a Messina dove, secondo quanto disposto dallo stesso storico capomafia, sarà cremata.


È morto nella mattinata di oggi, a Paternò, il boss pentito Giuseppe Alleruzzo, 84 anni. Si è spento dopo una lunga malattia nella sua abitazione di contrada Porrazzo, lungo la strada intercomunale che collega Paternò a Ragalna.

Aveva 84 anni e da anni era gravemente malato.

A capo dell’omonima ‘famiglia’ è stato uno dei pentiti storici dei clan catanesi: iniziò la sua collaborazione l’11 agosto del 1987, dopo avere visto il cadavere della moglie Lucia Anastasi, uccisa nell’ambito di una faida tra cosche rivali nel Catanese. Dieci giorni più tardi fu assassinato suo figlio Santo.

Una sua figlia scomparve nel giugno del 1995 e il suo corpo fu ritrovato tre anni dopo in pozzo profondo oltre quaranta metri in contrada Stella. Il ‘pentimento’ di Alleruzzo non è stato esente da ripensamenti, con accuse ritrattate e poi riconfermate. Quando nel 2012 è stato posto agli arresti da carabinieri del comando provinciale di Catania, secondo l’accusa, stava per riorganizzare il suo clan.

Mentre Alleruzzo si alleava con i Pellegriti di Adrano, dall’altra parte si creava un sodalizio fra le famiglie Morabito, Rapisarda, Laudani e Scalisi. L’unione, in questo caso, non fece la forza: Alleruzzo, con i Pellegriti e i Gurgone (di Biancavilla), ne venne fuori vincitore.

Ciò fino a quando nell’87, a un anno dall’arresto sia di Pippo Alleruzzo sia di Giuseppe Pellegriti, non vennero uccisi la moglie di Alleruzzo – Lucia Anastasi, ammazzata sui gradini dell’uscio di casa mentre prendeva il fresco in una giornata torrida – e il figlio Santo.

E’ a quel punto, davanti al cadavere della moglie cui l’uomo rende l’ultimo saluto, che l’ormai cinquantaduenne boss decide di collaborare con la giustizia.

Una collaborazione che ha permesso di infliggere duri colpi ad ex amici e ad avversari e che ha pure consentito al boss, però, di abbandonare il carcere nel 2009. Ciò mentre, su precisi input delle famiglie di Catania, i gruppi contrapposti della zona decidevano di siglare un patto di non belligeranza.

La tranquillità, nonostante quanto passato, non deve aver fatto parte del Dna di Pippo Alleruzzo che, nonostante gli acciacchi, aveva provato a tornare in pista.