MISTERBIANCO: NON MORÌ PER INFARTO, MA FU AVVELENATO

BREGAMO Barbara cl. 1974, domiciliata in Misterbianco;
INDORATO Francesco Giuseppe cl. 1968, domiciliato in Catania;

ZUCCARELLO Antonio cl. 1966, domiciliato Santa Maria di Licodia (CT);
MAUGERI Alfio cl. 1973, domiciliato in Misterbianco.

Gli arrestati sono rispettivamente indagati:

la BREGAMO (quale mandante) e l’INDORATO (quale esecutore) per il tentato omicidio aggravato, e nello specifico dell’accoltellamento, commesso in Misterbianco il 21.01.2001 nei confronti dell’imprenditore Catanese GIUFFRIDA Santo cl.1957, compagno della BREGAMO;
⦁    la BREGAMO (quale mandante), ZUCCARELLO e MAUGERI (quali esecutori)  per l’omicidio premeditatoper mezzo di iniezione di sostanza venefica e soffocamento, dell’imprenditore GIUFFRIDA Santo cl.1957, avvenuto in Catania il 10.12.2002.

La morte del GIUFFRIDA era stata finora attribuita ad un infarto fulminante, ma, le dichiarazioni rese nel corso del 2016 dal neo-collaboratore di giustizia CAVALLARO Luciano, hanno consentito di far luce su un efferato omicidio fino ad ora dissimulato come morte naturale.

Il CAVALLARO ha, nella sostanza, riferito di aver avuto l’incarico dalla BREGAMO di uccidere il proprio compagno GIUFFRIDA Santo e di aver per questo effettuato un primo tentativo nel 2001 incaricando dell’esecuzione materiale un suo conoscente (INDORATO Francesco Giuseppe) che aggrediva con un coltello la vittima all’interno del suo garage condominiale. In tale occasione, però, il GIUFFRIDA riusciva a scampare all’attentato restando gravemente ferito. Nessun elemento raccolto all’epoca consentiva poi di ritenere la BREGAMO coinvolta nell’accaduto e – seppure l’INDORATO veniva indagato – non venivano acquisiti sufficienti elementi per un rinvio a giudizio.

A distanza di quasi un anno da tali fatti, tuttavia, la BREGAMO richiedeva nuovamente al CAVALLARO l’uccisione del compagno pagando questa volta 20.000 euro ed acquistando, per lo stesso CAVALLARO, una BMW.
In questa seconda occasione l’omicidio veniva pianificato con maggior cura e, nello specifico, il CAVALLARO coinvolgeva MAUGERI Alfio e ZUCCARELLO Antonio. I tre soggetti si introducevano nella notte tra il 9 ed il 10 dicembre 2002 nell’abitazione del GIUFFRIDA (con la collaborazione della convivente BREGAMO) e – dopo aver iniettato al GIUFFRIDA una sostanza velenosa – lo soffocavano. La BREGAMO inscenava successivamente la morte naturale dello stesso GIUFFRIDA senza che si ingenerassero sospetti su quanto realmente accaduto.

Le indagini, avviate sotto la direzione della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, per ottenere i necessari riscontri alle dichiarazioni del CAVALLARO sono state condotte dalla Sezione di Polizia Giudiziaria Carabinieri presso la predetta A.G. e dal Nucleo Investigativo Carabinieri di Catania e, attraverso un’articolata serie di intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali e di videoregistrazione che, corroborate da molteplici attività istruttorie (sommarie informazioni di persone informate sui fatti,  consulenze medico-legali ed altro) consentivano di acquisire fonti di prova dall’elevata carica probatoria; invero, si ottenevano riscontri precisi e individualizzanti in ordine alla chiamata di correità compiuta dal collaboratore di giustizia. Al fine di indurre gli indagati a commentare il risalente fatto di reato veniva, inoltre, lasciato sulla loro autovettura un foglio di carta riportante la seguente frase: “sacciu comu tu e i to cumpari affucasturu u masculu di l’amica di Luciano 15 anni fa”. Uno degli indagati dopo aver ricevuto il biglietto confessava ad un amico il delitto riferendo testualmente “Sedici anni fa abbiamo fatto un omicidio, io ed altri due”.

Per tali motivi, il G.I.P. di questo Tribunale, concordando sulla piattaforma probatoria ricostruita dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania emetteva l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico per INDORATO Francesco Giuseppe (quest’ultimo indagato per il solo tentato omicidio), MAUGERI Alfio e ZUCCARELLO Antonio, mentre per BREGAMO Barbara (madre di prole di età inferiore ai sei anni), disponeva la misura cautelare degli arresti domiciliari.