NELLA FASE 2 I TAMPONI SONO TROPPO POCHI. IN SICILIA MEDIA DI 157 OGNI 100 MILA ABITANTI,. L’ALLARME DI FONDAZIONE GIMBE

La Sicilia è nella cosiddetta “classe 5” per numero di tamponi ogni 100 mila abitanti: una media di 46 tamponi al giorno. Lo rileva la Fondazione Gimbe, che ha dedicato un focus proprio ai test.

La media nazionale di 88 tamponi per 100.000 abitanti al giorno colloca l’Italia nella classe di propensione 4 con notevoli differenze regionali:

Classe 1 (> 250): nessuna regione
Classe 2 (130-250): Provincia autonoma di Trento, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia
Classe 3 (100-129): Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Liguria
Classe 4 (60-99): Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo, Lazio
Classe 5 (<60): Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia, Puglia

Nella classifica la più virtuosa è la provincia Autonoma di Trento con 222 tamponi al giorno ogni 100.000 abitanti, anche se poi solo il 46.7% è diagnostico. La Lombardia ne fa 99, la metà (46.6%) di controllo.

La Sicilia, nemmeno a dirlo, è in fondo alla graduatoria, nella zona rossa, penultima regione d’Italia, anche se la maglia nera spetta alla Puglia con 37 test ogni 100.000 abitanti e quasi totalmente (98%) diagnostici.

«Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe – afferma il presidente Nino Cartabellotta – rileva sia il costante e notevole alleggerimento del carico su ospedali e terapie intensive, sia il rallentamento sul fronte di contagi e decessi, tuttavia non ancora stabilizzati. Rispetto alla ridotta pressione sugli ospedali, tuttavia il numero dei nuovi casi è influenzato dal numero dei tamponi eseguiti dalle Regioni e pertanto soggetto a possibili distorsioni».

Per tali ragioni la Fondazione Gimbe ha condotto un’analisi indipendente sui dati della Protezione Civile che, dal 19 aprile, oltre al numero totale dei tamponi, riporta per ciascuna Regione il numero dei casi testati definiti come il totale dei soggetti sottoposti al test. In sintesi: i casi testati identificano i tamponi diagnostici e la differenza tra tamponi totali e casi testati corrisponde ai tamponi di controllo, effettuati sullo stesso soggetto per confermare la guarigione virologica o per altre necessità di ripetere il test.

Dall’inizio dell’epidemia sono stati effettuati in Italia 2.310.929 tamponi di cui il 67,1% diagnostici e il 32,9% di controllo.

Sulla base della popolazione residente il numero di tamponi, sia totali che diagnostici, è stato parametrato a 100.000 abitanti/die, un indicatore più affidabile per i confronti regionali.

Per Gimbe i dati confermano la resistenza di alcune Regioni ad estendere massivamente il numero di tamponi, in contrasto con raccomandazioni internazionali, evidenze scientifiche e disponibilità di reagenti.

Poiché il dato sui “casi testati” è stato oggetto di ricalcolo da parte di alcune Regioni fino al 21 aprile, il periodo di osservazione è stato fissato dal 22 aprile al 6 maggio.

«Le nostre analisi effettuate sugli ultimi 14 giorni – spiega il presidente –forniscono tre incontrovertibili evidenze: innanzitutto, si conferma che circa 1/3 dei tamponi sono “di controllo”; in secondo luogo il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella fase 2; infine, esistono notevoli variabilità regionali sia sulla propensione all’esecuzione dei tamponi, sia rispetto alla percentuale di tamponi diagnostici».

Il decreto del ministero della Salute del 30 aprile scorso ha definito 21 indicatori che le Regioni dovranno fornire per monitorare l’evoluzione dell’epidemia e gli algoritmi per valutare probabilità e impatto del rischio sanitario. La combinazione di questi due parametri permetterà al Governo di identificare le criticità regionali e rivalutare eventuali nuove chiusure durante questa fase dell’epidemia.

«Alla luce di questi dati la Fondazione Gimbe – evidenzia Cartabellotta – da un lato richiama tutte le Regioni a implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici, dall’altro chiede al ministero della Salute di inserire tra gli indicatori di monitoraggio della fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100.000 abitanti. Il governo, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown».