“Se si vuole il bene della città è inutile costruire contenitori vuoti”

95047.it  Egregio Direttore,
Le scrivo sollecitato dalla Sua, sempre puntuale e appassionata, riflessione sullo stato della Nostra Città. In un suo editoriale dal titolo “Sul Serio, ma perché un turista dovrebbe passare da Paternò?” Lei pone l’accento sul fatto che la Città sia ormai un dormitorio, priva di investimenti e scarsamente appetibile ai turisti. In realtà, questa mia, vuole essere una considerazione più generale relativa a diversi stimoli che autorevoli giornalisti, non posso non citare qui le analisi precise di Salvo Fallica, hanno messo in campo negli ultimi anni. Non me ne voglia, se queste righe non conterranno in sé la “verità assoluta”, vogliono solo essere un umile contributo al dibattito democratico. Esse indubbiamente saranno influenzate da una “visione politica” che non si pretende foriera di soluzioni  “prêt-à- porter” né contrassegnata da marchi di qualità (stelle o mostrini)… Ma tant’è!

 
Innanzitutto, una premessa. Di diagnosi in questi anni ne sono state fatte parecchie. Ora, è vero che la diagnosi è parte della cura, tuttavia, è condizione necessaria ma non sufficiente. Il medico che si ostinasse ‎a diagnosticare senza curare avrebbe dalla sua uno stuolo di pazienti profondi conoscitori delle proprie malattie, ma morti per incuria. Inoltre, se la diagnosi si ferma soltanto ai “sintomi” e non alla “genesi” del male , si rischia una “ricaduta”.  Si vedrà, andando avanti, e a mio modo di vedere, come la diagnosi  contenga al proprio interno la causa e il rimedio. 
Intanto, nel breve spazio concessomi da una missiva, la Genesi. Indubbiamente Paternò è una Città profondamente frammentata, divisa, dove lo spirito competitivo prevale sullo spirito cooperativo. Questo problema affonda le radici nel tempo e attiene alla struttura sociale stessa della nostra comunità. Purtroppo Paternò non ha mai avuto delle “classi sociali” che fossero portatrici di valori progressisti, ma soprattutto dell’Interesse Generale. Non ha mai avuto quelle che comunemente (e con un pizzico di retorica) vengono chiamate “Elite  Illuminate”. Le classi sociali cosidette “dominanti”, nel tempo, quasi sempre riconducibili ad Una sola famiglia (male in sé) hanno avuto una visione elitaria della società, profondamente chiusa, asfittica, e con un bassissimo grado di mobilità sociale. Hanno preferito “sfruttare” e  non “intraprendere”. Si sono opposte a qualsiasi moto riformatore e più che “concedere” diritti  hanno elargito regalie. Così, via via, si è venuta formando una figura che potremmo ricondurre per economia del linguaggio alla figura del “massarioto”, ibrida per sua stessa natura. Nè contadino, nè bracciante nè – tantomeno- possidente. Una figura che stava in mezzo tra il “Padrone” ed il “servo”, per definizione: debole con I forti e forte con I deboli. Come volete che da questo “innesto” venisse fuori una Società cooperativa? Ma soprattutto come non vedere che da questo “modo d’essere” deriva quel servilismo che le classi dirigenti locali hanno spesso avuto nei confronti dell’esterno, soprattutto della politica catanese. Quell’influenza che ha finito per essere più una sorta di “colonizzazione” che non un intreccio di eseginze territoriali.  

Questa impronta culturale, quasi una connotazione antropologica, ha finito per prevalere storicamente (dove qui per storicamente si intende la constatazione di un fatto accaduto più che di un’opinione) su tutti i tentativi di cambiamento. Bisogna riconoscere, però, che ad un certo punto, durante la Prima Repubblica (riconoscimento non vuol dire piena adesione ad un modo di fare politica nè tantomeno riabilitazione come qualcuno va farneticando) la classe dirigente democristiana ha tentato di dare un’anima a questa Città ed era, a suo modo, portatrice di una “Visione”. Non vederlo, seppure da uomo di sinistra che non appartiene a quella storia, sarebbe miope e profondamente disonesto intellettualmente. Purtroppo, però, quella stessa classe dirigente non fu scevra dalla malattia del familismo e, per lo stesso modo in cui era strutturato il partito democristiano, fatto di correnti e clientele, non fu in grado di affrontare pienamente le sfide e le opportunità che un grande Centro come Paternò avrebbe dovuto cogliere. Finì, nella fase finale, per gestire il potere per il potere  e non mise mano ad alcuni nodi strutturali di cui ancora oggi la Città sente la mancanza. Dal canto suo la sinistra , seppure composta da una classe dirigente di ottimo livello, non seppe interpretare il ruolo di alternativa a quel “sistema” e fini – nella percezione collettiva – per essere vista come complice di un modo di amministrare che non funzionava più. Mancò di coraggio, il coraggio nel sapere dare una prospettiva diversa al sistema politico. In ogni caso quel periodo storico non seppe “unire” la Città che rimase frammentata da “interessi di bottega” e dalle correnti di partito. 

Poi arrivò la Seconda Repubblica e il tempo dei “guelfi e dei ghibellini”. Dove tutto ciò che era stato fatto prima andava cancellato, per costruire, su basi nuove, una rinascita. ‎Questo fu uno dei mali più grandi di quella stagione politica. Anche qui, però, sarebbe profondamente sbagliato non riconoscere a quell’esperianza e a chi la incarnò, su tutti Graziella Ligresti, una straordinaria volontà di fare e discreti successi amministrativi. Ma ancora una volta la Città rimase divisa da steccati invalicabili e i ritardi di tipo strutturale si allargarono sempre  di più. 
Ma, se volete, il tratto ancor più marcato del “carattere” della nostra Città è l’assenza di Memoria! Quell’atavica tentazione a “ricominciare sempre daccapo”. A non “riconoscere” per non “riconoscersi”….. Un corpo sociale senza memoria storica è destinato ad avere un brutto presente e nessun futuro.  Come una pianta senza radici impossibilitata a crescere…..

Giunti a questo punto, la cura! Sono estremamente convinto, come detto in premessa, che la cura sia contenuta – per certi aspetti – all’interno della diagnosi. E qui, inevitabilmente, si viene al presente ed ad una certa idea di futuro. Qui, si viene alla Politica.   
‎Da qualche tempo a Paternò il ceto politico, tutto, si sta dando da fare per costruire “contenitori” privi, secondo me, di contenuto. Vi è una certa idea , diffusissima, che basterà – ancora una volta – cambiare il personale politico per cambiare la Città. Di questa idea sono particolarmente convinti i  grillini ed i loro sostenitori. Che andrebbero a sostituire soltanto le “persone” ma non riuscirebbero ad occuparsi, per nessuna ragione, dei veri problemi della Città. Per sua stessa natura, quel partito, o movimento che dir si voglia, è un “luogo” chiuso refrattario ad essere contaminato, che frammenta e che non è in grado di costruire, anzi. Si propone di cancellare, senza memoria, per l’appunto. 

Io credo, che se veramente si vuole il bene della Città, e per una volta si vuole davvero incidere culturalmente ed in modo radicale, affinché ‎vengano affrontate tutte le questioni irrisolte, bisogna costruire non dei contenitori, ma un grande progetto collettivo che unisca e non divida che sappia trarre dal passato lezioni utili per l’avvenire. Penso, e mi auguro di non essere il solo, che non sia un problema di uomini ma di idee. Per dirla con Platone, puoi cambiare gli uomini, ma se non cambi il “sistema di regole” sarai sempre soggetto a sbagliare e ad agire in modo discrezionale. In questo momento storico Paternò ha bisogno di un progetto politico che si “tenga” assieme non su interessi di Partito nè su interessi tra singoli gruppi di persone , che stia assieme, in una forma di rinnovato civismo,  non “nel progetto” ma “per il progetto”. Tutti si affrettano a tracciare identikit del Candidato Sindaco perfetto, dell’Uomo della provvidenza. Sarebbe un errore drammatico se ci si affidasse ad un Uomo, chiunque esso sia, senza aver conosciuto cosa egli pensi del passato, del presente, e del futuro della nostra Città.  
Il progetto al quale penso è strettamente legato alla costruzione di un quadro di regole chiare e democratiche su cui fondare l’azione amministrativa per anni lasciata alla discrezionalità o del Sindaco di turno o di un gruppo di potere. E che affronti I propri rapporti con le altre istituzioni, Regione su tutte, sulla base dei grandi temi da affrontare: metropolitana, zona industriale e commerciale, politiche agricole, urbanistica. E non sulla base di appartenenza partitiche. 

Il progetto non va costruito da uomini di destra o di sinistra, ma – almeno in questa fase storica – da “uomini di buona volontà “. Per una volta bisogna “sapersi unire” per unire, altrimenti avremmo fatto un torto alla Città e a noi stessi. 
Prima di salutarla, non posso non ricordare che alcune delle idee (non volendo attribuire ad altri l’intero contenuto della lettera) che hanno dato vita a queste mie riflessioni non sono “solo mie”, ma traggono spunto da diverse chiacchierate, su tutte, quelle con il Prof. Nino Tomasello profondo conoscitore della Storia Di Paternò 
La ringrazio per lo spazio che ha voluto concedermi e mi scuso con i lettori se la forma può apparire un po’ tediante, ma a volte la forma è sostanza…..
Con Stima ‎

Giancarlo Ciatto‎‎

8 Comments

  1. …ora dici iu, si ti stavi mutu non gnera megghiu?…avanti sintemu, chiccià mettiri na stu contenitori, fora i nomi…nan parrari di nomi ca sana sintutu, ca i cristiani non in voluni sentiri, macari caanu statu bravi…cu su, Balanzoni, puddicinedda e Cicca Stonchiti? Avaia dutturi…….

  2. SPERIAMO GLI VENGA PRESTO UN’ALTRA SOLLECITAZIONE CARO CONSIGLIERE. IN UN MOMENTO DI VERA CRISI COME QUESTA , LEI SI DIMOSTRA LA NOSTRA UNICA SPERANZA. PER FARCI QUALCHE RISATA.

  3. MA CHI È SCINZIATO È. … STO CONSIGLIERE . E NON SAPEVAMO DI AVERNE UNO COSI’ COLTO . CHISTU VA SUBITU CANDITATO A SINDACO SUBITO , MA È TROPPU BRAVU , NENTI U VULEMU SUBBITU SINDACO. SAPI TUTTO, CARU’ U CAPISTURU CA SAPI TUTTO ? E’ UN CONTENITORE O MEGLIO NA SCATOLA . “”” E VIVA PATERNÒ SEMU NE MANI I NUDDU”

  4. Paturnisiiiiii. Ammuccativi. Macari a iddu.
    Parla di contenitori.? Le buche sono contenitori , i bidoni della spazzatura sono contenitori, i buchi economici che create sono contenitori. Io ho un’idea di come riempirli. :-))

  5. Ascolta un mio modesto consiglio , se sei già in campagna elettorale , cerca di relazionarti con il popolo con discorsi meno complicati , o meglio ancora, di’ a chi ti scrive tutte queste storielle, che noi cittadini ne abbiamo i c……i. stra pieni delle vostre stornellate se no da qua ai prossimi due anni quando sentiremo i vostri nomi ci verrà da vomitare.

  6. Carissimo consigliere Ciatto quando si vuole creare una nuova classe dirigente a Paterno’ e non solo bisogna spogliarsi del passato bello o brutto che sia , le belle parole non bastano ci voglio i fatti .

  7. cari cittadini si stanno preparando tutti per la campagna elettorale mandiamoli a casa

  8. Bisogna capire cosa intende
    per contenitore vuoto e pieno se per vuoto e’ quello che non viene condiviso e per pieno quello che si vuole imporre sei lontano mille miglia .Non si può dire ragioniamo ,collaboriamo ,costruiamo insieme se poi alla fine si vogliono imporre sembre le proprie idee.

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